San Gavino Monreale – dal Dizionario Angius-Casalis

Uno o due sacerdoti non potendo ufficiar nella chiesa, e per essere separati dalla popolazione per un atto, che nell’inverno è difficilmente praticabile, e anche per non essere persone idonee, non potendo prestar servigio al parroco, vedesi bene che o nulla o pochissima è l’utilità che ha il paese da questo convento, e che la manutenzione del medesimo non solo è spesa gravosa, ma inutile.

Che la sua manutenzione sia gravosa nessuno il negherà, dove sappia che i dodici o quindici frati laici vanno sempre intorno anche nelle terre circostanti domandando di tutto e prendendo tutto quello che per amore di s. Francesco vogliasi dare a’ suoi figli, grano, orzo, legumi, nelle aie, erbe ortensi e frutta ne’ poderi, vino e sapa nel tempo delle vendemmie, agnelli, capretti, porchetti e pezze di formaggio da’ pastori, pane, farina per le ostie, olio, cera, nelle case.

Aggiungesi che si questua pure per le feste, e per quella di s. Lucia, che è la principale che si celebra nella loro chiesa, questuano i frati per le spese della medesima da trenta o quaranta giorni avanti la ricorrenza, nonostante che sieno certi che nelle offerte che i devoti deporranno nel piatto sotto il simulacro della santa, si avrà assai più che siasi speso, perchè si raccoglie sovente più di ll. 300.

Le feste principali di questo paese sono per s. Chiara, s. Sera, o Severa, s. Emiliano e s. Lucia.

Per s. Lucia è un concorso maggiore e per devozione e per la fiera che vi si tiene, ed è più celebre delle altre che si tengono non solo in questo paese, ed in occasione delle altre feste, ma anche in altri luoghi de’ prossimi dipartimenti.

Lo spettacolo della corsa è frequente; ma perchè i soli palii per feste di s. Emiliano e s. Sera (domenica 1.ª di luglio, e 1.ª di settembre) sono di stoffe seriche a fiorami di oro argento e seta colorata, però in queste sole gareggiano i più nobili corsieri dell’Isola, mentre nelle altre, nelle quali sono a palio pezze di per-callo, corrono cavalli ordinari.

Non giova notare le altre frequentissime feste minori, e basta dire che le processioni sono continue in tutte le domeniche dalla prima di maggio all’ultima di settembre.

Avendo descritto altrove queste processioni rurali, dirò adesso rispettivamente a queste di Sangavino (e si può intendere di altre parrocchie) che talvolta in uno stesso giorno ne coincidono varie, che si fanno una dopo l’altra, e che non è raro di veder portati sopra diverse barelle i simulacri di diversi santi.

Dovrebbe per maggior utile della religione restringersi questo numero di processioni, per le quali togliesi a’ sacerdoti il tempo a officio più importante, all’officio, che non si dovrebbe mai sospendere, di spiegare ed inculcare le massime evangeliche, di svellere dalle menti ignare i pregiudizi, gli errori, e di purificare la religione da ogni sorta di superstizione.

Credono alcuni che si supplisca co’ panegirici de’ santi, ma questi sono poco proficui al popolo, che nulla intende delle virtù del monachismo, e meno ancora di certe speculazioni teologiche, che producono sul pulpito certi frati e preti, quando non dicono stoltezze ridicole.

Sono in Sangavino varie confraternite, denominate del Rosario, dalle anime purganti nella parrocchiale, dalla Vergine delle Maraviglie nella chiesa di s. Lucia, da s. Croce nell’oratorio dello stesso nome.

Oggetti d’arte osservabili nelle chiese. Sono degne di essere riguardate alcune statue, e segnatamente nella parrocchiale sette simulacri scolpiti da Giuseppe Antonio Lonis di Senorbì, del quale abbiamo fatta altrove onorevole menzione, e li quattro dell’altro artista nazionale Fra Antonio Cano che non sono senza qualche pregio; nella chiesa di s. Gavino quella del titolare che fu lavoro di Francesco De-Nardo napoletano, e nella chiesa di s. Lucia la N. D. delle Maraviglie, che consiste in un gruppo di molte figure, rappresentanti la B. V., i quattro evangelisti, vari angeli e satanasso incatenato al collo.

Fra’ dipinti si può commendare quello dello Scaletta, già da noi menzionato altrove; è lodato come pittore di merito rispettivamente al tempo ed al luogo.

Antichità. Nel territorio di s. Gavino non vedesi presentemente alcun nuraghe, ma è certissimo che ve ne furono fabbricati non pochi, i materiali de’ quali in parte furono adoperati per costruzione, in parte sono sparsi per il territorio, essendo certamente provenute dal disfacimento dei nuraghi quelle grandi pietre vulcaniche che si trovano in ogni parte tra altre pietre di granito bianco, rosso e bruno. Se si zappasse in quei siti, dove il suolo rilevasi alquanto sul piano in figura convessa con circonferenza di 60, 80 e 100 metri, si troverebbero le fondamenta de’ nuraghi, che sono pure indicati dal nome dei siti, che sono: Nuragi-Nieddu, Nuragi Scolca, Nuragi Ortilani. Il nome di Nurazzellu, che aveva l’antichissima popolazione, di cui abbiam ragionato, significando senza dubbio un nuraghe, o piccol nuraghe, se Nurazzellu sia identico di Nurachellu, o di un nuraghe che era denominato da Agellu o Aghelu, se siasi pronunciato in principio, Nura-Agellu; comunque debba intendersi, esso indica un nuraghe, che già esistette in qualche parte del luogo, che è così nominato.

Le consimili convessità che si trovano sul piano del territorio, esse sono Bia-Umbo, Cracasa, Gibbamanna, Gibbisedda, Gibba corroga, Gibba deis Piras, Gibba Onidi, Cucuru de Planu, Pizzu Loia, Cucuru de Campu-pirastru, Cucuru dessa bia, Cucuru de Per-das-longas, Masongius ec. Tutti questi poggetti, che sorgono nel piano intorno all’abitato entro la distanza di due a quattro miglia, pare certo sieno stati formati dalle infime parti de’ nuraghi, anzi si vedono chiare in alcuni le vestigie, e ne sono un’altra prova convincente le molte pietre di smisurata grandezza che vedonsi sparse intorno a dette prominenze.

Può dunque tenersi che dentro i limiti del territorio di Sangavino sorgessero ne’ tempi più antichi più di sedici nuraghi, e che alcuni de’ medesimi fossero tanto grandi, quanto quello che vedesi ancora nelle vicinanze di Pabillonis, che è uno de’ più colossali del-l’isola, come pure sono quelli che si vedono, conservati ancora in molte parti, a ponente di detto villaggio, e detti Bruncu dess’Orcu, Fumìu, Saurecci, che abbiamo descritto nell’articolo Guspini, e meritamente lodato degnissimi di esser veduti.

Se in qualche tempo si scaverà nelle convessità, dove sono sepolte le fondamenta de’ nuraghi che abbiamo indicato nel sangavinese, forse si potran vedere altre particolarità di disegno.

Perdas-longus. Mi viene il sospetto che questo nome possa indicare uno di quegli antichi monumenti religiosi, che furon da noi descritti altrove sotto questo stesso nome, o sotto quello di Pedras fittas e che si trovano ancora in molte parti del Logudoro. Niente più probabile che anche in queste parti meridionali fossero ricevute presso alcune tribù le stesse credenze religiose.