Siffatti pessimi inconvenienti avrebbero dovuto persuadere gli abitatori di Sangavino a stabilirsi in qualche non lontano sito di condizioni migliori; perchè veramente, anche se si volesse fortemente, e si faticasse con molto studio, di poco si potrebbe migliorare la natura di questo luogo; ora essi non sanno provvedere a se stessi e sopportano con stupida rassegnazione tanti mali.
Territorio. L’agro de’ sangavinesi ha forse una superficie di 16 miglia quadrate, ed è disteso tutto in piano con rare e poco notevoli gibbosità, che non sono naturali.
Questi poggetti, detti Cucuru, pizzu gibba o gibisedda, sono Cucuru de Bia Umbo, Cucuru de Cracasa, su Cucuru de sa Gibba manna, su Cucuru dessa Gibisedda, su Cucuru de Gibba corroga, su Cucuru dessa Gibba Onidi, su Cucuru dessa Gibba deis Piras, su Cucuru dessu Planu, su Cucuru de Pizzu Loja, su Cucuru dessa bia, su Cucuru deis perdas longas, su Cucuru deis Masongius ecc.
Nella parte inculta (sa strovina) dell’agro di Sangavino sono molto sparsi i mirti, i corbezzoli, i lentischi, i cisti, tante altre specie di legni cedui, e non mancano gli olivastri.
Siccome in alcuni de’ paesi a levante e a scirocco, come Sardara, Sellori, Samassi, mancasi di combustibili per i forni e i focolari, molti sangavinesi quando non han che fare tagliano e vendon fascine e legna, e tolgon pur le radici (sa cozzina) con vero danno, perchè in questo modo diminuiscono la vegetazione e tolgono poi a se stessi e a’ loro successori di poter fare gli stessi lucri. Nasce da cotesto modo barbaro che il suolo in molti tratti sia affatto sgombro di vegetazione, mentre dove il suolo è stato chiuso da’ proprietari e non si può menar la scure le piante cedue crescono prospere.
Sono pochissime le fonti di acqua potabile, che si possano indicare entro i termini di questo territorio.
Noterò quelle dalle quali beve la popolazione, che si trovano, una nel luogo detto Sa Grui al mezzodì e ad un miglio scarso dal paese in territorio comunale, rifabbricata ed ingrandita a spese del cav. D. Antonio Diana; l’altra nel luogo detto Su Fraizzeddu, a distanza di dieci minuti e da ponente, dentro il possesso del sacerdote Raimondo Porru, a cui spese fu scavata e fabbricata; ed una terza che è nominata da s. Severa a poca distanza, ed a levante.
Quelli che vogliono acque migliori le trovano a maggior distanza, ed i benestanti vi mandano i loro servi con grossi fiaschi.
Le più notevoli sono tre:
La fonte di s. Maria, o Funtana Fenugu, nella via a Guspini alla distanza d’un’ora che dà un’acqua più fina e leggera. Quando non erano ancora aperte le due suindicate in tanta propinquità all’abitato i popolani beveano da questa e a spese del comune si fabbricava intorno per conservarla e tenerla pulita.
La fonte, detta Mitza de Figuniedda, tra’ limiti di Sangavino e Villacidro ad un’ora e più dal paese lodasi per maggior bontà e per la perennità.
La fonte, detta Mitza Traversa, a circa un’ora di distanza, è pregiata quanto le predette.
Altre fonti perenni sono sparse per il territorio e giovano a’ pastori per abbeverarvi il bestiame, e per dissetare i coloni.
Nel paese e circondario trovasi l’acqua con poca fatica, perchè basta scavare un pozzo di metri uno, o uno e mezzo, perchè incidasi una o più vene, che danno sì copia di acqua, ma non potabile, perchè salmastra, e pesante, che serve al bestiame e al bucato, e a taluni anche per la cucina.
Dentro i termini di Sangavino è un solo notevole rivolo che vi si forma, e cresce da vari rigagnoli.
La sua origine è al scirocco del paese della piscina, che dicono di Pascanàdi o Vasca-e-anadi(vasca di anitre). Ha un alveo tutto fangoso, dal quale si esala gran copia di miasmi, quando si prosciuga dal sole per siccità troppo prolungata.
I ruscelli suoi tributari sono quello di Onidi, che primo se gli unisce, quindi i nominati Sa Sarpa, Santa Maria, Pardu o Pradu e su Giuncu, per i quali cresce di molto nell’inverno.
Siccome i notati del suo alveo rendevano pericoloso il guado, così nel 1768 fu fatto a spese del comune un ponte a tre archi, sul quale transitano quelli che vanno o vengono da Villacidro.
Il rio di Pascanadi giugnendo al maestrale del paese, in distanza di mezzo miglio, si unisce a un rivo maggiore, formato dalla riunione del fiumicello proveniente da Forru, e scorrente alla base di australe dal colle del Castello, e dal fiumicello che viene dalle falde occidentali delle colline di Melas.
Sono nelle vicinanze dell’abitato, come già indicai, molti siti depressi, dove radunasi l’acqua e stagnando fa pantani, e piscine. Nominerò le più notevoli:
La piscina più propinqua è quella che dicesi di s. Gavino, perchè a soli 200 passi verso levante, la quale asciugandosi dal sole estivo manda nel paese una perniciosa infezione. Questo male si conosce da tutti, potrebbe togliersi col facile aprimento d’un emissario, o gora, e non pertanto lasciasi sempre esistere tanta corruzione. A tale giugne la stupidità di quelli che hanno autorità: la piscina già indicata di Pascanàdi, dal quale abbiamo indicata la provenienza del fiume dello stesso nome:
La piscina Moi, distante di mezz’ora verso mezzodì:
La piscina Grui, distante poco meno:
La piscina Porcella a ponente, quella di Terrabianca ecc.
I cacciatori non trovano nella Strovina di questo territorio e nelle chiusure altro che volpi, lepri, martore e conigli. Se accade di incontrare qualche cinghiale esso viene dai salti di Guspini.
Volano frequenti su questa regione avoltoi, astori e i nibbi, i quali piombano ne’ cortili per predare i polli.
Per prendere le pernici ne mettono una a zimbello, la quale cantando chiama le altre: queste, venute intorno alla gabbia, restano prese nelle reti.
Le lepri e i conigli si cacciano con lo schioppetto e col laccio.
Tra gli uccelli acquatici si possono nominare il monachetto, il mergo, il caponegro, il germano reale, la folaga, la gallinella d’acqua, la beccaccia, la quale, sebbene non viva nell’acqua, si riposa sempre in luoghi pantanosi.
Si fa talvolta caccia anche di tortorelle, d’oche selvatiche e di gru, nel tempo del loro passaggio.
Popolazione. Il numero degli abitatori di Sangavino oscilla frequentemente tra l’incremento e la diminuzione, come in questo, così in tempo antico.
Nel 1800 si numerarono anime 2171.
Negli anni
1824 25 26 27 28 29 30 31 32 33 34
Si numeravano anime
2209 2229 2300 2287 2206 2067 1950 2010 2080 2515 2574
Nel 1837 erasi il numero accresciuto a 2672, nel 1839 trovossi a 2622, nel 1846 risaliva a 2674, e nel-l’anno scorso era di nuovo disceso a 2489.
A prova che anche in altri tempi fosse siffatta variabilità porrò sotto gli occhi del lettore i numeri che trovai notati negli atti parlamentari del regno; ed insieme presenterò quelli che riguardano gli altri comuni della contrada di Monreale e d’Uras, i quali erano nella giurisdizione dello stesso feudatario.