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martedì, 16 Luglio 2024

Perché non ci parlano (ancora) dei Referendum?

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Perché non ci parlano (ancora) dei Referendum?
Perché non ci parlano (ancora) dei Referendum?

A distanza di meno di un anno dai referendum sul nucleare, la Sardegna sarà chiamata nuovamente alle urne per ben dieci quesiti (consultivi e abrogativi) che potrebbero riscrivere gli assetti politici e amministrativi della nostra regione. E ancora una volta, ci troviamo di fronte ad un silenzio assordante da parte della stampa e dei media locali. Perché? Questa volta la risposta è ancora più semplice: ci sono tanti, troppi interessi da salvaguardare. E troppe poltrone messe in discussione. Sarà forse per questo che non abbiamo sentito una parola spesa da chi ci governa? Ma andiamo a verificare di cosa si tratta.

Referendum per l’abolizione dell’Ente Provincia.
Si tratta di quattro referendum abrogativi (sono quattro le leggi regionali che devono essere abrogate per cancellare le nuove Province “regionali”) e di un referendum consultivo, che dichiara la volontà popolare di abrogazione anche delle quattro province storiche.

Referendum abrogativo della legge regionale che determina “indennità e status dei consiglieri regionali”.
Si tratterebbe di rivedere le indennità dei nostri politici regionali e di adattarle agli standard europei, con un pensiero rivolto ai tempi di crisi: tagli e risparmi da una classe dirigente che per prima dovrebbe dare il buon esempio e “stringere la cinghia“.

Referendum consultivo per l’abrogazione del voto segreto in Consiglio Regionale.
Si partirebbe dal presupposto che non avendo competenze in materia etica e di coscienza personale, non ci sarebbe necessità di un voto segreto in Consiglio Regionale, che viene spesso utilizzato per non far sapere agli elettori come votano i propri rappresentanti in ambito amministrativo.

Referendum consultivo per l’elezione diretta del Presidente della Regione, previa scelta delle candidature tramite le “elezioni primarie”.
Rispetto alla situazione attuale, verrebbe introdotta l’obbligatorietà delle elezioni primarie per la scelta dei candidati Presidenti, evitando candidature provenienti “da Roma“.

Referendum consultivo per la riscrittura dello Statuto Sardo tramite l’Assemblea Costituente.
Questo referendum mira alla costituzione di un’Assemblea Costituente per regolare, con nuove norme, il rapporto della Regione Autonoma Sardegna con lo Stato Italiano.

Si capisce, senza doverci girare attorno, che questi referendum minano alla base gli interessi dei partiti. L’abolizione delle candidature libere dei Presidenti della Regione, l’abolizione delle province (e dei conseguenti consigli di amministrazione), la riduzione del numero dei consiglieri regionali e delle relative indennità: la “casta” mira a conservare i propri privilegi e preme sui mezzi di informazione locale per non parlare di questi referendum. In barba ai principi democratici di partecipazione popolare grazie ai quali sono stati eletti. Si parla di un abbinamento del voto referendario alle elezioni amministrative del 6 Maggio 2012, che porterebbe un notevole risparmio di soldi pubblici. Invece, come era prevedibile, il presidente della Regione Ugo Cappellacci ha firmato nei giorni scorsi il decreto per l’indizione delle consultazioni, prevista per il 10 Giugno 2012. Chissà come mai questa scelta. Magari ci sono state delle pressioni per puntare – come al solito, e in barba ai principi democratici – al mancato raggiungimento del quorum?

Fonte: Simone Usai, Comprendo

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