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lunedì, 23 Dicembre 2024

Alla scoperta dei “Canadair”, gli aerei pilotati dagli eroi antincendio

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Sono stati i protagonisti delle foto e dei video delle ultime settimane di fuoco in Sardegna: ecco i Canadair, nome con cui sono noti i Bombardier Amphibious 415 in un bellissimo articolo di Mario Giardini.


Quando gli vai vicino, ti accorgi che è veramente un aereo brutto. Sporgenze, asperità, angoli, rivetti a profusione, vernice dello scafo scrostata dai mille ammaraggi, dadi e viti che sporgono allegramente qua e là.

E l’ala, alta, che non mi piace per niente. E poi quelle gondole del turbo-prop: sembrano uscite da linee di produzioni angolane. Il* cockpit *ricorda, in peggio ed è tutto dire, quello del leggendario Catalina.

Chi sarebbe questo mostro? È il Bombardier Amphibious 415, noto da noi con il nome di Canadair. Vecchio nome, in quanto la Canadair Aircraft non esiste più: fu incorporata dalla Bombardier nel 1991, se non vado errato.

Il vecchio modello, il CL 215, era stato concepito nel lontano 1960, in Canada, per combattere il fuoco cui andavano soggette le sterminate foreste di quel Paese.

Unico aeroplano al mondo che sia stato progettato espressamente per volare sugli incendi e combatterli.

È una macchina che pesa a vuoto 12880 Kg, capace di imbarcare un totale di circa 6200 litri di acqua e ritardanti. Ma lo fa in una maniera molto speciale: ammarando su uno specchio d’acqua e, senza fermarsi, dopo avere riempito i serbatoi, ri-decollando sullo slancio.

Credo che alla maggior parte delle persone sfugga la pericolosità di questa manovra. L’aereo si predispone all’ammaraggio. Ciò significa ali livellate, perfettamente livellate.

Bisogna scegliere accuratamente la traiettoria rispetto alle onde. Perché basta un’onda di mezzo metro, presa male, per rovesciarsi, essendo questa una manovra che si fa ad una velocità di circa 90 nodi (166 e rotti km/h, 1 nodo = 1852 metri).

Nel momento in cui lo scafo tocca l’acqua, il pilota apre una serie di paratie poste nella fusoliera.

Risultato: in 7-10 secondi si imbarcano oltre 6000 litri d’acqua, l’aereo si appesantisce di più di 6 tonnellate, il pilota ridà tutto motore e ri-decolla, diretto all’incendio. Arrivato sull’area d’intervento, riduce la velocità a circa 105 nodi, plana sul fuoco, e sgancia il carico.

Semplice? Per niente. La velocità di stallo del Canadair, full flap, è di 68 nodi. L’aria sopra un incendio è calda, turbolenta, quasi sempre piena di fumo. A causa della ridotta densità dell’aria, la portanza dell’aereo, cioè la forza che lo mantiene in volo, si riduce, talvolta drasticamente. Inoltre, se l’aereo è in virata, la velocità di stallo aumenta. Il risultato di tutto ciò è che 105 nodi potrebbero non bastare a generare una portanza pari al peso dell’aereo, che stalla. Siccome si è vicini al terreno, non c’è la quota ed il tempo necessari per rimediare allo stallo. Se s’innesca una vite, è anche peggio.

Accade? Sì, purtroppo. E accadrà ancora. Tutte le attività umane sono, in qualche modo, pericolose. Questa è particolarmente pericolosa.

Pilotare un Canadair antincendio è dunque, un mestiere difficile, pericoloso, e, mi risulta, non remunerato abbastanza. Per chi abita a Roma non è infrequente vederli sul lago di Albano. D’inverno, per il training. D’estate, per imbarcare acqua. Albano è un lago sulla bocca di un vulcano (spento, si spera) dal diametro di circa 3 Km.

Tutto intorno, pareti rocciose circondano il lago, alte da 90 a 120 m sulla superficie dell’acqua. Per rendersi conto: immaginate di decollare dalla pista 25 di Fiumicino e di vedere, prima della fine della pista, un edificio di 40 piani.

Il Canadair di solito arriva lasciando a destra Castelgandolfo, si tuffa verso l’acqua, viene tirato in su, “galleggia” cioè sfrutta l’effetto suolo per tre-quattrocento metri, tocca la superficie, imbarca 5 tonnellate d’acqua in pochi secondi.

Quando ridà potenza i motori sembra che l’intera struttura stia andando in pezzi, e poi, siccome non ce la farebbe a superare l’ostacolo costituito dalla parete della montagna, vira e sale. Lentissimamente. Forse un 200 piedi al minuto, cioè un niente.

In questa lunghissima virata a salire basta poco per ammazzarsi. L’aereo ha un alto angolo di incidenza e vola a bassa velocità, quindi è vicinissimo allo stallo; è al peso massimo, con i motori al massimo, per giunta a bassa quota, con un ostacolo di fronte e di lato, ed impossibilitato ad invertire la rotta causa peso e bassa velocità. Un calo di potenza o un aumento sia pur modesto dell’angolo d’incidenza e… fine.

Insomma, ci vogliono attributi grandi come il Pao de Azucar per fare, come fanno questi piloti, decine di missioni al giorno.

E tutto questo coraggio, questa abilità, questo sangue freddo, queste macchine brutte ma al tempo stesso bellissime, per che cosa vengono impiegate? Per spegnere, 97 volte su cento (in Italia), incendi appiccati da piromani.

Mario Giardini Post originale

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