Le informazioni che quotidianamente ci vengono fornite attraverso i numeri relativi al coronavirus non sono sempre chiare. O meglio, non è proprio chiaro come “interpretare” certi dati. Per capire il perché dei bollettini giornalieri (e perché sia importante pubblicarli: no, non perché ci piaccia fare terrorismo mediatico o perché “ci paghino”), proviamo ad affrontare il problema da un punto di vista puramente matematico.
1) Un virus “non letale”. Se si leggono i dati che informano sulla letalità del virus, una cosa appare chiara: il virus non è letale se non per 1-3% della popolazione e la mortalità riguarda per lo più un’età media di 80 anni (a livello europeo il valore si aggira intorno al 2,9% mentre a livello mondiale intorno al 2,7% al momento, secondo i dati elaborati dal progetto OurWorldindata della University of Oxford) Tutto ok per i negazionisti: il virus non è letale, smettete di terrorizzarci, muoiono solo vecchi e persone con altre patologie. Una conclusione che sembrerebbe facile, ma non lo è.
2) Una potente capacità di diffusione. Il nuovo coronavirus, come le influenze stagionali, si diffonde con estrema facilità e velocità. Sembra una roba da niente, eppure questo fa molta differenza. In brevissimo tempo se non si adotta alcuna precauzione si può passare da 5 contagiati a 50, da 50 a 500, da 500 a 5.000 e così via. Ciò significa che per 5 contagiati abbiamo scarse probabilità “di avere il morto”, per 50 contagiati potrebbe essercene uno, per 500 contagiati il numero inizia a salire (5-10 persone), per 5.000 il numero di morti potrebbe arrivare a 50-100 (abbiamo applicato una letalità “solo” del 2%).
Vi sembra ancora “terrorismo mediatico”? Bene, procediamo oltre.
3) Non c’è solo la letalità. A queste considerazioni sulla “letalità” del virus, si legano quelle sulla percentuale di persone che si ammalano in modo significativo: una polmonite che richiede il ricovero e, in molti casi, la ventilazione polmonare. In Sardegna la percentuale dei ricoveri si aggira intorno al 5,57% (calcolata a partire dai dati di ieri, 28 ottobre 2020, scaricati nel portale governativo salute.gov.it https://github.com/pcm-dpc/COVID-19/raw/master/schede-riepilogative/regioni/dpc-covid19-ita-scheda-regioni-latest.pdf).
Ciò significa che tolta questa fetta e quella dei casi di letalità, la percentuale di persone con sintomi medi e lievi o addirittura senza sintomi supera il 90%. Facendo l’analogia numerica e applicando il 6% (arrotondato per facilità) a varie grandezze potremmo avere: nessun ricovero per 5 contagi, 3 ricoveri ogni 50 contagi, 30 ricoveri ogni 500 contagi, 300 ricoveri ogni 5.000 contagi. Si deve continuare o rende l’idea?
Un esempio concreto? A San Gavino Monreale, se la metà del paese fosse contagiato, 300 persone avrebbero bisogno di un posto letto in ospedale. Quanti sono i posti in terapia intensiva in Sardegna? Quanti sono i posti dedicati alle polmoniti da Covid-19? Quanti sono i posti riservati alle polmoniti di altro genere o alle malattie di altro tipo? A quali posti letto dobbiamo rinunciare, dal momento che non ci stanno tutti i pazienti? Quali terapie dobbiamo sospendere, se la richiesta diventa eccessiva e insostenibile?
Prima della pandemia le terapie intensive totali in Sardegna erano 135, con il progetto di portarli a 236 dopo l’estate. Facile fare due conti.
Ecco, ora pensiamo che i ricoveri per Covid si sommano a quelli preesistenti (le altre malattie e incidenti continuano ad esistere, anche se nessuno ne parla), come è stato detto più volte. Se a sommarsi è un numero piccolo, grazie al contenimento della diffusione, il sistema sanitario regge. Se invece i contagi “aumentano in maniera esponenziale” (cioè da 5 a 50, da 50 a 500, da 500 a 5.000 nel giro di pochi giorni o settimane) ecco che il sistema non ce la fa: mancano letti, mancano ventilatori, mancano reparti, manca personale medico-sanitario (che, tra l’altro, si ammala con maggiore frequenza di qualunque altra categoria).
Allora è presto detto: se non volete sentire/leggere gli aggiornamenti periodici sui “numeri” del coronavirus, cambiate canale o non leggete certi post.
L’importante è cercare di capire il motivo per cui veniamo “bombardati” di numeri: si sta cercando di tenere il conto, di valutare l’andamento dei contagi, la velocità di trasmissione, l’efficacia o meno delle misure di contenimento, la capacità del sistema sanitario (ma anche economico e sociale) di rispondere adeguatamente. “Tutto qua”.
La.F.