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sabato, 21 Dicembre 2024

FaceApp sì, Immuni no: quando i pericoli per la privacy sono “contestualizzati”

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App. gratuite e dati preziosi: la ricchezza del futuro?

Sempre più spesso si sente dire che i “dati”, le informazioni, sono la ricchezza della nostra epoca. I big data, i grandi ammassi di informazioni che inviamo attraverso l’utilizzo di siti e app e che riguardano le nostre vite, costituiscono un elemento decisivo per l’economia del presente e soprattutto del futuro. Quasi senza accorgercene, grazie all’uso quotidiano dei nostri telefonini (smartphones), tablet e dispositivi collegati alla rete, regaliamo a una serie di ditte e aziende, informazioni preziosissime: chi siamo, quanti anni abbiamo, se siamo maschi o femmine, dove siamo, quali sono le nostre abitudini, e molto altro ancora. In che modo? Basta, ad esempio, installare una app.

Con FaceApp, per dirne una, un foto editor che consente di trasformare il nostro viso tramite un’intelligenza artificiale che può darci il sorriso, invecchiarci/ringiovanirci, cambiare il nostro stile e persino il nostro sesso, state conferendo alla App i seguenti dati: innanzitutto, le fotografie che caricate (siano vostre o meno, perché potete caricare anche la foto di qualcun altro, che magari non sa nulla dell’operazione! Parenti, amici/nemici, genitori, bambini, sconosciuti…) e altre informazioni circa l’utilizzo della app: quanto tempo state su una pagina o schermata, per quali vie ci siete arrivati, che tipo di azioni state compiendo in quella determinata pagina.

E se usate la app insieme a un social network, conferite anche i dati relativi a questo tipo di uso: il vostro nome e cognome ed eventualmente l’alias, il numero di amici e, in alcuni casi, le connessioni tra amici. Altre informazioni riguardano il dispositivo che utilizzate: il sistema operativo e la versione, il modello, l’ID del dispositivo, il tipo di browser, la risoluzione dello schermo, l’IP e il relativo paese in cui vi trovate), persino il sito attraverso il quale avete scaricato la app.

Queste e altre informazioni, che voi gratuitamente fornite alla app, sono utilizzate dalla società che mette a disposizione il servizio e di terze parti coinvolte (service providers, advertising partners, social media platforms e così via) e raccolte tramite cookies e tecnologie analoghe per vari scopi tra cui: migliorare il servizio e renderlo più competitivo; per inviarti messaggi promozionali e pubblicitari, in base i tuoi gusti e interessi e così via.

Ma uno degli scopi è anche la creazione, appunto, di raccolte di dati che, una volta resi anonimi, che acquistano “valore” proprio in quanto enorme aggregato di informazioni, big data.

La stessa cosa accade con CreaAvatar che ha spopolato su Facebook in tempo di quarantena, proprio quando si discuteva sull’accettabilità o non accettabilità di alcune app “governative”, come Immuni. Eppure, con CreaAvatar si parte direttamente da Facebook e si arriva alla creazione dell’avatar senza che nemmeno ci sia la possibilità di porsi il dubbio: a quali dati avrà accesso la app? “Crea avatar con pochi click” è lo slogan. Con un simpatico giochetto, migliaia di dati a disposizione degli sviluppatori e dei loro partner. In un click.

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