“Sa cresia e Santa Sera” (Santa Severa, romana, martirizzata a Centocelle coi suoi fratelli Marco e Calendrino) è una chiesa è lunga m.18, larga con tutte tre le navate m.11, alta, nel mezzo m.7,50., purtroppo in stato di abbandono. Il “Manoscritto Porru”, documento importante per conoscere la storia di San Gavino, descrivendole festività più importanti di San Gavino nel 1850, dice: “I mercati nelle feste sono cinque fra cui la prima Domenica di luglio nella chiesa figliale di Santa Severa V. e martire di Treviri…” e poi scrive “… due sono le corse di cavalli … una delle quali … nella festa della prima domenica di settembre – festività dedicata fino a non molti anni fa a S.Severa”; nella vicina Gonnosfanadiga sembra che la devozione alla Santa Vergine e Martire di Treviri abbia avuto origini risalenti al VI° secolo mentre pare che a San Gavino il culto di Santa Severa abbia avuto origine intorno al 1600. A quel periodo si può far risalire la costruzione della chiesetta – allora campestre – a oriente della chiesa di San Gavino Martire.
Come si raggiunge
Nella strada che da Sanluri porta a San Gavino, a ridosso del paese sulla circonvallazione si può vedere quella che sarebbe dovuta essere la sostituta della vecchia chiesa durante la prevista ristrutturazione. Purtroppo in stato di abbandono non è visitabile. La storica chiesa, che è dentro il limite del convento delle suore non è praticamente nemmeno fotografabile, nonostante un cartello la renda monumento storico per eccellenza.
La festa
La prima domenica di Luglio, qualcuno va ancora in processione, la devozione è testimoniata da tanti nomi propri di Sangavinesi collegabili alla Santa.
A Gonnos la festa è il lunedì di pasquetta, con tanto di festa cittadina sacra e laica.
Fonte: Pierpaolo Pitta
Non è facile né agevole, per svariati motivi, non ultimo di opportunità, un discorso sulla chiesa di Santa Severa, ovviamente su quella che i sangavinesi hanno sempre chiamato “sa cresia ‘e santa Sera”.
È nota la devozione dei sangavinesi alla Santa: moltissimi la venerano anche portandone il nome.
Mentre nella vicina Gonnosfanadiga sembra che la devozione alla Santa Vergine e Martire di Treviri abbia avuto origini remotissime, risalenti, pare, al VI° secolo, quando cioè una parte dei gonnesi dell’oppido romano – di cui parla lo storico Giovanni Spano – si convertì al cristianesimo, pare che a San Gavino il culto di Santa Severa abbia avuto origine intorno al 1600.
A quel periodo si può far risalire la costruzione della chiesetta -allora campestre- a oriente della chiesa del santo martire Gavino.
chiesa lunga m.18,larga con tutte tre le navate m.11,alta, nel mezzi m.7,50.fest la 1a domenica di luglio
Ed è appunto su questa chiesa, da tempo tabù, chiusa non solo al culto, incorporata alle ex Scuole Vescovili – ed ora, almeno di fatto, di proprietà della Congregazione religiosa del Cuore Immacolato ed Addolorato di Maria – che è difficile disquisire: bisogna affidarsi ai rari appunti che si possono trovare e alla buona memoria dei Majores locali.
Anche di questa chiesa il parroco G. Sanna nella citata Relazione del 2 giugno 1789 afferma di non conoscere le date di fondazione e di eventuale benedizione o consacrazione.La chiesetta venne edificata seguendo le forme della citata chiesetta di S. Gavino, forme che la stessa mantenne fino ai restauri effettuati dal Rettore Porcella nel 1725; venne costituita a tre piccole navate coperte con tettoia su impalcatura di legno, senza alcuna pretesa artistica e addirittura con la incannicciata delle comuni case contadine.
A quanto raccontano gli anziani, nell’interno si trovava (si trova?) un pulpito – su trou- di legno, addossato alla colonna di sinistra ed un semplice altare e la balaustra. La statua della Santa, alta meno di un metro, è senz’altro opera di mano esperta e presenta le stesse caratteristiche delle sculture di Antonio Giuseppe Lonis.
L’altare in legno, che ha una nicchia affiancata da colonne di legno con fogliami dorati, faceva parte della cappella del Rosario della chiesa parrocchiale di S. Chiara (la seconda, a sinistra di chi entra, attualmente dedicata a Sant’Isidoro agricoltore) e venne rimosso nel 1777 per essere sostituito con l’attuale altare di marmo, opera dell’artista cagliaritano Michelino Spiazzi.
Ai piedi dell’altare, in cornu epistulae, sempre secondo la tradizione, si troverebbero due corpi di beati: nessuno ha mai provveduto ad effettuare scavi in merito.
La facciata della chiesetta, a capanna, è sormontata da una vela campanaria -senza campana- con monofora.
Alle origini la facciata della chiesetta dovette essere senza portico, ed in preparazione della festa, ogni anno, gli obrieri avevano cura di costruire davanti alla porta della medesima chiesetta una grande capanna con intelaiatura di travetti e rivestimento di canne, frasche e fronde verdi. Questo accorgimento serviva e per allungare un po’ la chiesa e, soprattutto, per dare il senso della festa.
Al tempo del Rettore Raffaele Cabitza, (1910), venne pavimentata la navata centrale della chiesetta e costruita una parte del portico;il giorno 2 ottobre 1905 viene acquista to dal Rettore Loddo un tratto di terreno per accrescere il piazzale della chiesa; verso il 1930, all’epoca del Rettore Severino Tomasi, ad opera del muratore Antonio Curreli venne completatola costruzione del portico.
Fin qui le notizie storiche sulla chiesa che i sangavinesi hanno sempre chiamato “sa cresia e Santa Sera”.
Il più volte citato Manoscritto Porru descrivendo, nel 1850 le festività più importanti di San Gavino dice: “I mercati nelle feste sono cinque… la prima Domenica di luglio nella chiesa figliale di Santa Severa V. e martire di Treviri…” e altrove ‘Due sono le corse di cavalli, cioè nella festa della prima domenica di settembre –festività dedicata fino a non molti anni fa a S.Severa –‘ .
A fine Ottocento, in occasione della festività di S.Severa, sorsero alcune questioni tra gli obrieri ed il rettore Antonio Sanna di Villaverde (1857), (lo stesso rettore di cui si è parlato descrivendo le questioni inerenti al convento di Santa Lucia). Con l’intento di abolire ‘sa cadira ‘e froris’ (portantina fiorita) ed eliminare così il chiasso che gli obrieri facevano in chiesa durante i preparativi e gli ornamenti di detta portantina in vista della processione, il Rettore Sanna ne fece costruire una nuova ed artistica in onore di S. Severa.
L’attrito si ebbe nel 1880 quando il parroco negò agli obrieri le chiavi della chiesa nelle ore notturne. Con questa scusa gli obrieri rifiutarono di preparare ogni festività civile in onore di S. Severa e sparsero la voce che in quell’anno non si sarebbe svolta la consueta festa in onore della Santa, riversando le colpe sul Rettore Sanna, creando grande malcontento nella popolazione.
Il parroco decise così di celebrare nella consueta data la sola festività religiosa, essendo state trasferite ad altra data le festività civili.
Il giorno della consueta data della festività , il parroco, messo all’erta da qualche anima pia, non si presentò nella zona della festa ma fece celebrare la Messa da un viceparroco;il Rettore celebrò privatamente la Messa in S. Chiara, dopo aver dato ordine al sacrista Vincenzo Cocco di avvertirlo di ogni eventuale mossa sospetta
. All’interno della chiesa non successe nulla: i malintenzionati lo aspettavano al di fuori con grida di morte ed insulti e con l’intento di lanciargli addosso qualche bomba al suo passaggio.
Il rettore, preavvisato, uscì dalla porticina secondaria del cortiletto della cisterna, indietreggiò verso il viottolo detto di Donna Marianna, entrò nel portone di Don Peppe e attraverso il cortile e la casa di quest’ultimo poté uscire di nuovo sulla strada di fronte alla casa canonica e porsi così in salvo eludendo i nemici, rifugiandosi nella propria abitazione.
Frattanto, nel piazzale di S. Severa, si erano tenuti balli e fatto gran chiasso durante l’elevazione della messa, balli che si continuarono poi in tutti i giorni festivi nel piazzale della parrocchia e, di notte, nelle case private con schiamazzi di corni e con frizzanti mottetti ed insulti nei confronti del parroco.
Come se ciò non bastasse nel carnevale successivo furono parodiate processioni sacre: persone camuffate imitavano il parroco zoppo (il rettore Sanna era effettivamente leggermente claudicante) procedente sotto un baldacchino e seguito da altri mascherati ad imitare il passo, la voce e l’atteggiamento delle persone chiesastiche o comunque amiche del parroco .
Ma, passata l’epoca di anticlericalismo, le incomprensioni si chiarirono e la festività in onore di Santa Severa venne celebrata fino a non molti anni or sono.
Nel frattempo tante cose erano mutate: dall’esigenza della creazione di un collegio femminile attiguo alle scuole vescovili alla progettazione, mai realizzata, di adibire l’attuale convento dei Padri francescani a collegio maschile da parte di mons. Tedde.
“Mons. Vescovo (Tedde) ha accresciuto la rinomanza di S. Gavino con l’istituirvi le scuole Vescovili medie e Magistrali con annesso Collegio femminile…- così scriveva mons. Tomasi in Nuovo Cammino del 1 agosto 1963- (ed in questo) complesso di opere pubbliche la vecchia e disadorna chiesa di S. Severa, superata dal progresso edilizio del paese rimaneva…in una condizione assai arretrata, fuori posto e senza estetica. Rischiava di essere dimenticata e di raggiungere la stessa sorte che ebbero altre chiesette campestri” .
Mons. Tedde pensava di sostituire con una nuova chiesa, più moderna, quella che era considerata ormai non più accogliente.
Il ritardo nella costruzione era dovuto ad intralci burocratici.
Arrivò finalmente ‘la Divina Provvidenza che ha ispirato un pio benefattore ad offrire lui alla Congregazione del Cenacolo Cuore Immacolato di Maria nella persona del Vescovo, di cui già è stata fatta mediante atto notarile la donazione. Il signor Graziano Fais, autista, ha offerto questo terreno…La chiesa verrà curata dalla Congregazione Cuore Immacolato di Maria e sarà così sempre ben tenuta e devota…” .
Sabato 18 dicembre 1964 – festività della Beata Vergine della Speranza- alle ore 15,30 ‘S.E. Mons. Vescovo ha benedetto la prima pietra per la fabbrica di una nuova chiesa intitolata a Santa Severa, Vergine e Martire romana, martirizzata a Centocelle – oggi Civitavecchia – nei primi secoli del Cristianesimo…in un terreno donato dalla generosità del signor Graziano Fais, in un sito molto vicino alla vecchia chiesa ed in località denominata appunto con l’appellativo sardo ‘santa Sera” .
Al momento della Dedicazione ufficiale della chiesetta al titolo tanto caro ai sangavinesi di S. Severa avvenne una improvvisa metamorfosi: la chiesetta, costruita dall’impresa Rivano, su progetto dell’ingegner Antonio Zurrida, venne invece dedicata alla ‘Beata Vergine della Rivelazione’ ed inaugurata da mons. Antonio Tedde il 16 aprile 1967.
È la prima chiesa costruita in onore della Vergine della Rivelazione e vuole ricordare l’apparizione della Madonna ad un umile tramviere – Bruno Cornacchiola – (12 aprile 1947) – allora miscredente, nelle grotte delle Tre Fontane a Roma.
Il tempio, di proprietà della Congregazione del Cenacolo Cuore Immacolato di Maria, ha forme ed armonie di linee, graziose finestre a forma di croce nell’abside.
Una delle cappelle è dedicata a Santa Severa. L’interno è scandito da 5 arcate di cemento armato.
Si accede al tempio superando una sequenza di 30 scalini.
Tutta la costruzione, compresa la parte sotto la chiesa, è alta circa 15 metri, larga 10, lunga 18.
È nota la metamorfosi del ‘pio Cornacchiola’ e della Chiesa di Santa Severa: entrambi in una oscurità e chiusura più o meno forzata.
Fonte: Prof Eugenio Ibba