E’ polemica sulla proposta di allestire un servizio d’ordine alle sfilate “per tutelare le maschere iscritte ai carri allegorici“. In queste ore si sta scatenando un tam-tam sul web di accuse reciproche tra chi sostiene la necessità dell’iscrizione ai carri e chi invece predica il carnevale libero, in cui ognuno può vestirsi come meglio crede e poi sfilare dietro i carri.
Riporteremo alcune tra le posizioni più rappresentative, non riporteremo i cognomi delle persone perché ci interessa più l’idea in sé che la persona, in questo caso.
Alessio sostiene la bontà della proposta. «Anni fa la percentuale dei portoghesi era del 30% circa, contro il 70% dei partecipanti iscritti ad un gruppo. Ci poteva stare: i carristi rientravano nel coprire le spese neccessarie alla realizzazione del carro puppazzi, e carro musica neccessari per mandare avanti la manifestazione. In questi ultimi anni la situazione si è capovolta. La percentuale dei portoghesi è del 70%, contro il 30% dei partecipanti iscritti regolarmente». Una situazione del genere porterebbe al collasso il sistema-carnevale, dato che i carristi non riuscirebbero più a coprire le spese sostenute.
Ancora più forte è l’accusa di Alberto: «Scroccone: chi cerca di ottenere le cose senza spendere del proprio. Siete solo dei furbetti che non pagano neanche la musica che ballano, e di questo non c’è da andarne fieri ne a carnevale ne tanto meno nella vita quotidiana. Organizzate voi una manifestazione dove nessuno mette i soldi per nulla ne impianto ne bevanda, qualora ci riusciate fatteci sapere parteciperemo volentieri.»
Ci sono comunque anche posizioni più distensive. «Si può comprendere la necessità dei carristi di entrare nella spesa, si può comprendere la necessità di non sfigurare davanti alla giuria per via di abiti diversi che rovinano le coreografie, e si può capirela richiesta di dare maggiore spazio e privilegi a chi al carro contribuisce con l’iscrizione» dice Alessandro sul gruppo di facebook Vogliamo il Carnevale libero «quello che non capisco, è la necessità di “minacciare” i portoghesi con dei vigilantes, come se con le cattive maniere si potesse ottenere qualcosa, non capisco perchè definirli portatori di problemi, quando la maggior parte di essi sono solo persone che si vogliono divertire e non vogliono omologarsi, o non possono farlo (o semplicemente preferiscono spendere quei pochi soldi in altra maniera).»
Chiudiamo riportando il pensiero di Michela, che tenta di distendere i toni e invita tutti alla tolleranza e alla civiltà. «Si sta fomentando una litigiosità mai vista prima. Se ci pensiamo bene, San Gavino è un piccolo paese con poche occasioni di divertimento, per una manifestazione che si fa (tra l’altro pagata un po’ da tutti visto che il comune mette i finanziamenti con le tasse che tutti paghiamo), invece di divertirci ci scanniamo a vicenda, con una inutile divisione fra i partecipanti ai carri e chi invece non lo è. Alla fine sono solo due modi diversi di vedere il carnevale, senza che nessuno dei due abbia ragione o torto! Chi si iscrive al carro spero lo faccia perché gli piace quel gruppo, il vestirsi in quel determinato modo, non perché si sente obbligato. E con questo secondo me è sbagliato dire che i portoghesi ammazzano il carnevale perché non danno soldi ai carri, chi si iscrive penso che lo faccia e lo continuerà a fare perché gli piace e basta. I portoghesi semplicemente si dividono in chi non ha i soldi per iscriversi e chi invece ama crearsi una maschera tutta sua. Cosa dobbiamo fare, ghettizzare i non iscritti in posti precisi del paese? Che bella cosa, viva la tolleranza del diverso da noi! Ma se si continua cosi il carnevale morirà semplicemente perché ci saranno sempre più casini e nessuno si prenderà più la responsabilità di farlo, non perché la gente non si iscrive ai carri.»
E’ sicuramente un appello che non possiamo ignorare. Sarebbe bello riportare la discussione su toni civili e distesi, così si rischia di trasformare una festa (anzi, LA festa per eccellenza di San Gavino) in una battaglia ideologica di cui, sinceramente, nessuno sentiva il bisogno.