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San Gavino Monreale
lunedì, 25 Novembre 2024
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Storia della casa sangavinese

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La casa sangavinese (o campidanese) è uno degli elementi caratterizzanti il paese, soprattutto nell’area del centro storico.

Casa in lardiri
Casa in lardiri

La casa era spesso e volentieri di proprietà, sia essa di un nobile o di un contadino; tutti usavano la tecnica costruttiva dei mattoni in terra cruda (lardiri) con zoccolatura in pietra (di Serrenti, Sanluri o in basalto); questo faceva si che anche per San Gavino si possa usare il termine di “civiltà della terra cruda”.

Queste abitazioni erano spesso di grandi dimensioni ma con un solo piano (divisa in vani), con grandi cortili ed un solaio che serviva per conservare le granaglie. Per molti studiosi, questo tipo di abitazione trova la sua origine nel periodo giudicale, continuando anche nel successivo periodo feudale (dal Cinquecento). La casa spesso aveva un grande cortile antistante, racchiuso da muri in mattoni di terra cruda fatti da “su Lardiraiu”, con un grande portale d’ingresso. Nel cortile si trovavano spesso gli animali domestici e qualche albero da frutto; inoltre, oltre a “su montonaxiu” e allo spazio “po sa linna”, vi erano il magazzino e il forno (su stabi ‘e su forru).

Casa in lardiri
Casa in lardiri

All’interno della casa vera e propria si trovava la cucina con “sa forredda”, e spesso all’interno della stessa stanza vi era pure “sa stoia”, una sorta di letto; in effetti poteva non esserci una camera da letto vera e propria (a parte nelle case nobiliari). Le case nobiliari erano invece più complesse: oltre alla cucina e alla stanza da letto, si trovavano anche le stanze per i servi, lo studio e la cantina – stanze sempre in mattoni crudi e con diverse pavimentazioni, come ad esempio le mattonelle disposte per formare disegni o motivi vari; per i cortili spesso il pavimento era in terra battuta o in ciottolato.

Il tetto era principalmente di canapa, con alcune capriate lignee più resistenti.

Casa in lardiri
Casa in lardiri

Questo tipo di casa si definiva “a corte”, perché il grande portone centrale rappresentava l’ingresso in un mondo a parte; prima di entrare nella casa vera e propria, superando il cortile, vi era “sa lolla” (il porticato – o loggia, che poteva essere architravato o ad arco). Spesso le case possedevano due cortili: quello antistante era più grande (sa pratza manna), mentre quello retrostante era di dimensioni minori (sa pratzixedda).

Nelle case dei nobili si trovava anche la stalla per il cavallo (su stauli de su cuaddu). Queste abitazioni, a seconda del loro orientamento, potevano risultare fresche d’estate e calde d’inverno, sopperendo quindi al clima pessimo e umido che si trovava nel villaggio. Durante alcune alluvioni, però, questo tipo di case dimostravano alcuni lati negativi: ad esempio, durante il 1846 alcune abitazioni, a causa dell’enorme quantità di acqua, si sciolsero letteralmente.

Fonte: Alberto Serra

Foto: Antonio Perra – da “Case di fango”: la tradizione de “su ladiri”

Per approfondire:
AA.VV, Appunti storici su San Gavino Monreale, 1982.
CASTI A, Santu ‘Engiu arrogus de storia, 1997.
AA.VV, Relazione sui caratteri morfo-tipologici,architettonici e materici dell’edificato storico di San Gavino Monreale, 2011.

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