Confartigianato Sardegna omaggia l’Italia e la Sardegna economica e sociale. La testa, le mani e i sogni degli artigiani artefici del Made in Italy e Made in Sardegna. Fabio Mereu (Presidente Confartigianato Sardegna): “Necessità di investire nella qualità della produzione, nella sostenibilità economica, sociale e ambientale, nel rispetto delle persone e nel lavoro che dona dignità e inclusione”.
Tradizione e innovazione, manualità e robotica, intelligenza artigiana e intelligenza artificiale, uomo e macchina, passato, presente e futuro, creazioni locali che guardano al resto del Mondo. Anche Confartigianato Imprese Sardegna celebra la Giornata del Made in Italy, e allo stesso tempo del Made in Sardegna, omaggio all’Italia e alla Sardegna economica e sociale.
“Questa iniziativa non è solo un atto d’orgoglio per gli artigiani e per il resto delle attività produttive ma un momento condiviso con tutto il Sistema Economico e Sociale per ribadire l’importanza cruciale del “valore del Made in Italy e del Made in Sardegna” nel reagire alle crisi che affliggono l’Italia e il mondo intero”, commenta Fabio Mereu, Presidente di Confartigianato Imprese Sardegna.
“Un ingrediente fondamentale per il “Made in” è senza dubbio l’artigianato – prosegue Mereu – gli artigiani sono i veri artefici del “fare” italiano e sardo, non solo come attori economici ma come parte integrante delle comunità locali”. “Questi imprenditori – prosegue il Presidente – sono persone comuni capaci di compiere gesta straordinarie, con passione, talento e coraggio. Rappresentano il futuro dell’impresa italiana, con giovani che portano avanti le tradizioni familiari e creano nuovi posti di lavoro, e donne che innovano con prodotti sostenibili e tecnologicamente avanzati”.
Dal “made in” passa anche la coesione territoriale. “Tenere insieme territori, cultura e identità è una ricetta vincente – sottolinea Mereu – il settore artigiano è caratterizzato da imprese diffuse sul territorio che sono parte integrante del tessuto economico e ne forgiano l’identità. Non a caso Confartigianato parla di imprese a valore artigiano per esprimere il valore di tutto ciò. Una simbiosi e una sinergia che nei territori le imprese a valore artigiano intrecciano con la cultura e l’identità. Valorizzare il Made in Italy significa sostenere un modello di impresa che rappresenta la seconda economia manifatturiera in Europa ed è apprezzato in tutto il mondo per la qualità e la bellezza dei prodotti, coniugando tradizione e innovazione, creatività e unicità”.
Per Confartigianato, l’Italia artigiana, dalla Sardegna fino al resto dello Stivale, è unita dalla volontà di successo, dall’amore per il lavoro e dalla dedizione alle proprie aziende. Nella regione dove il 96,6% del comparto produttivo è composto da microimprese fino a 10 addetti, gli artigiani sardi ogni giorno, portano avanti le loro idee e il loro business facendo quadrare i conti, offrendo lavoro e creando prospettive di crescita per l’economia regionale.
“Dobbiamo ripartire dalle piccole imprese, valorizzando la loro produttività, l’occupazione e l’eccellenza che rappresentano, che coniuga tradizione e innovazione, formazione e sostenibilità ambientale – conclude Mereu – gli artigiani sono protagonisti della ripresa economica e sociale perché offrono risposte positive alle crisi e confermano il loro ruolo di costruttori di futuro”.
La Giornata del Made in Italy vuole testimoniare la necessità di investire nella qualità della produzione, nella sostenibilità economica, sociale e ambientale, nel rispetto delle persone e nel lavoro che dona dignità e inclusione.
Ma se domani, all’improvviso, dall’Isola scomparissero gli oltre 34mila imprenditori artigiani, che fine farebbe il Made in Italy e Made in Sardegna?
L’impatto sulla popolazione sarebbe, tutto sommato, abbastanza contenuto: il 2,4% in meno. Ma gli effetti sarebbero quelli di uno tsunami sull’economia e sulle condizioni di benessere di cittadini e famiglie.
Il valore aggiunto diminuirebbe di 4 miliardi di euro e circa 500milioni di euro di prodotti non varcherebbero il mare per essere venduti in giro per il Mondo.
Considerando senza lavoro gli 80mila occupati dell’artigianato, il numero di disoccupati aumenterebbe del 41,7% e il tasso di disoccupazione passerebbe dal 14,8% al 22,2% aumentando di 7,4 punti.
Rimarrebbero 700mila abitazioni senza artigiani dell’edilizia e dell’installazione di impianti che intervengano per la manutenzione.
Rimarrebbero inanimati 25mila impianti fotovoltaici senza un’adeguata installazione e manutenzione di artigiani della filiera delle rinnovabili, lo stesso per i 47 impianti eolici.
Nei magazzini delle imprese di produzione e alle porte di negozi e uffici rimarrebbero 20,5 milioni di tonnellate di merci che non verrebbero più gestite dalle imprese artigiane di autotrasporto.
Vi sarebbero 568.000 famiglie che possiedono almeno un’automobile e, nel complesso, un parco di 1.003.338 veicoli circolanti senza autoriparatori artigiani a cui rivolgersi per manutenzione e assistenza; ogni giorno aumenterebbe anche la presenza di motocicli, autovetture ed autobus fermi per strada.
Senza artigiani riparatori di elettrodomestici da chiamare in caso di malfunzionamenti, rimarrebbero 661.000 famiglie che possiedono una lavatrice e 415.000 famiglie che possiedono altri elettrodomestici legati connessi alla rete. Sarebbero senza assistenza tecnica anche le 308.000 famiglie che possiedono condizionatori e climatizzatori.
Sarebbero 232.000 le famiglie che non trovano più le botteghe aperte per la riparazione delle biciclette e la sostituzione di pezzi di ricambio. E le 424.000 famiglie che possiedono Personal computer rimarrebbero senza i servizi e la competenza degli artigiani dell’informatica per installazioni, manutenzioni e cablaggi.
Sarebbero 234.000 famiglie che possiedono una antenna parabolica e altre 535.000 famiglie con decoder digitale terrestre a non poter vedere programmi vista la mancanza degli installatori artigiani di antenne.
Gli 11.096 sposi dei matrimoni celebrati in un anno non potrebbero indossare un abito nuziale realizzato e provato in una sartoria artigiana; nessun fotografo professionista alla cerimonia e il banchetto sarebbe senza la torta nuziale realizzata da una pasticceria artigiana specializzata.
Un disastro della qualità per 787.000 sardi che mangiano dolci almeno qualche volta alla settimana e che vedrebbero sparire pasticcerie, cioccolaterie e gelaterie artigiane.
Per 294.000 cittadini isolani che non pranzano in casa nessun panificio o rosticceria con prodotti artigianali a disposizione.
Per 1.640.717 cittadini che rimangono dopo la sparizione degli artigiani, sarà ancora possibile, vestirsi, arredare la casa e fare un regalo, ma sparirà la qualità e la perizia degli artigiani, ad esempio, negli articoli di abbigliamento, nei prodotti in legno e nei mobili, nell’oreficeria, nel vetro e nella ceramica.
Sarebbero 741.833 le donne con oltre 15 anni che non troverebbero acconciatori ed estetisti.
Considerando come potenziali visitatori di beni culturali nella regione i residenti ed i turisti, sarebbero 3.883.086 le persone che non potrebbero apprezzare alcun restauro realizzato da artigiani specializzati di monumenti e delle opere d’arte presenti nei 225 musei, aree archeologiche, chiese, palazzi storici e giardini sia pubblici che privati regionali.
Una débâcle anche per il turismo: i 4milioni arrivi turistici e i 14 milioni di presenze, non potrebbero né utilizzare servizi erogati dalle imprese artigiane indispensabili per il soggiorno né accedere alla qualità dei prodotti dell’artigianato.