In Sardegna sono quasi 5.000 gli impianti fotovoltaici installati nelle attività produttive. L’Isola terza in Italia per produzione complessiva di questa energia. Lai e Serra (Confartigianato Sardegna): “L’inclinazione degli imprenditori sardi per il fotovoltaico va sostenuta con interventi strutturali”. Gli artigiani chiedono tempi certi e celeri e procedure snelle per la spendita dei 70 milioni di euro stanziati dalla Regione per l’autoproduzione.
Sono 4.768 gli impianti fotovoltaici installati dalle imprese del manifatturiero, delle costruzioni e del terziario della Sardegna che producono 237 GWh per autoconsumo. Da questo calcolo sono esclusi gli impianti per la produzione di energia da vendere. Secondo l’indicatore territoriale di intensità di diffusione degli impianti fotovoltaici nelle imprese, ogni 1.000 addetti operanti in queste attività vengono prodotti 0,725 MegaWatt, collocando così la regione in posizione intermedia (9° posto tra le regioni), anche se superiore del 34,4% alla media nazionale.
Nel 2022 la Sardegna è stata la terza regione per dinamica della produzione complessiva di tutti gli impianti fotovoltaici installati (residenziali, agricoli, imprese della produzione di energia elettrica e imprese manifatturiere, costruzioni e terziario no energy) segnando un aumento del 16,4% rispetto al 2021, superiore al +12,3% della media nazionale e al +11,2% della media delle regioni del Mezzogiorno, collocandosi dietro a Lazio (+19,9%) e Lombardia (+17,2%) e davanti a Liguria (+15,1%) e P.A. Trento (+14,5%).
Sono questi i dati che emergono dal dossier su “La produzione di energia fotovoltaica nelle imprese della Sardegna”, elaborata dall’Ufficio Studi di Confartigianato Sardegna, su dati GSE del primo trimestre di quest’anno.
Il report rileva anche come, sempre nel primo scorcio del 2023, l’aumento della produzione rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente sia più accentuato in Sicilia (+20,3%), seguita da Sardegna (+16,3%), Lombardia (+11,8%) e Piemonte (+9,6%), a fronte del +4,4% medio nazionale.
Nel più lungo periodo, la Sardegna è la regione italiana più dinamica per produzione con FV: nell’arco di un quinquennio, tra il 2017 e il 2022, la produzione lorda degli impianti fotovoltaici in Italia in Sardegna è salita del 34,5%, più del doppio della media nazionale (+15,4%) e quasi il triplo della media del Mezzogiorno (+11,2%), collocandosi davanti a Lombardia con +28,8%, Liguria con +25,7%, Veneto con +24,9%, Friuli Venezia Giulia con +21,3%, Valle D’Aosta con +20,8%, Provincia Autonoma di Trento con +20,7%, Lazio con +18,6%.
Inoltre, l’attività di installazione e gestione degli impianti fotovoltaici influenza i risultati economici delle 2.270 imprese che in Sardegna operano in settori interessati dalla filiera FER: installazione impianti elettrici, produzione di motori, generatori e trasformatori elettrici, turbine e turboalternatori, produzione di energia elettrica, recupero e preparazione per riciclaggio di rifiuti solidi urbani, industriali e biomasse.
“Lo sviluppo del fotovoltaico su capannoni e immobili produttivi delle imprese – commenta Maria Amelia Lai, Presidente di Confartigianato Imprese Sardegna – consente di coniugare lo sviluppo delle rinnovabili senza consumo di suolo, di cui gli impianti fotovoltaici a terra sono un fattore critico”.
La Presidente ricorda anche l’iniziativa della Regione, in particolare dell’Assessorato all’Industria, per lo stanziamento in Finanziaria di 70 milioni di euro per supportare imprese e famiglie nell’autoproduzione dell’energia. “Come imprenditori, e come cittadini – prosegue – guardiamo con particolare attenzione quelle risorse che andrebbero a supportare doppiamente le attività produttive: direttamente, con l’autoproduzione di energia, e indirettamente, tramite i cittadini che dovrebbero rivolgersi agli installatori e impiantisti. Su tale stanziamento, chiediamo tempi certi e celeri e procedure snelle”.
Inoltre, secondo un’analisi realizzata sempre dall’Ufficio Studi Nazionale di Confartigianato, secondo i dati ISPRA, a livello nazionale, tra il 2006 e il 2021 la seconda causa del consumo di suolo (non considerando i cantieri, per loro natura temporanei) è rappresentato dagli impianti fotovoltaici terra con un consumo di 14.625 ettari (ha), collocandosi dietro agli edifici con 18.206 ettari.
“L’inclinazione degli imprenditori sardi verso il fotovoltaico – continua – va sostenuta con interventi strutturali pensati per le realtà produttive. L’utilizzo dei fondi del PNNR, deve essere ripensato in quest’ottica, altrimenti rischiamo di perdere un’opportunità straordinaria”.
Sempre secondo il dossier di Confartigianato Sardegna, nell’Isola la quota di potenza installata su impianti Fotovoltaici a terra è del 40%, superiore al 34% medio nazionale, a fronte del restante 60% riferito a impianti collocati su edifici, capannoni, tettoie, serre e su altre superfici. Inoltre, la nota trimestrale del GSE indica come al 31 marzo 2022 la superfice lorda occupata dagli impianti a terra in Sardegna sia di 638,9 ettari (ha), con una incidenza della superfice occupata dai pannelli rispetto alla superficie agricola utilizzabile dello 0,05%, inferiore alla media Italia dello 0,13%.
“Lo sviluppo del Fotovoltaico per le imprese – aggiunge Daniele Serra, Segretario di Confartigianato Sardegna – consente di ridurre il gap di competitività esploso nella crisi energetica, la quale ha determinato nel 2022 un extra costo dell’energia elettrica e il gas per le micro e piccole imprese sarde di quasi 500milioni di euro accertati nel primo semestre e di circa 900 stimati alla fine dell’anno”.
Una recente indagine dell’Associazione Artigiana ha anche messo in luce come la crisi energetica abbia impattato duramente sulle imprese sarde, soprattutto su quelle di piccole e medie dimensioni, 95mila in tutta l’Isola, con una escalation dei prezzi dell’elettricità e del gas che ha provocato una impennata dei costi determinando un aumento del +147,1% rispetto al 2021. Per questo le piccole e medie realtà hanno adottato 6 soluzioni per continuare essere presenti sul mercato e a lavorare: aumento dei prezzi, riduzione margini di profitto, autoproduzione di elettricità, efficientamento impianti, rinegoziazione dei contratti e, purtroppo, anche la riduzione e la sospensione dell’attività.
“Il caro energia, che ha colpito imprese e famiglie, ci deve far capire che è fondamentale ottimizzare il consumo di energia attraverso interventi comportamentali e, soprattutto, con le nuove tecnologie – proseguono Lai e Serra– la transizione verso le energie rinnovabili e le tecnologie a basse emissioni di carbonio è una delle scelte decisive che la nostra Regione, così come tutto il nostro Paese, deve fare. Dobbiamo compiere scelte lungimiranti, coraggiose e decise sulla base degli strumenti che oggi abbiamo a disposizione”. “Per questo –
concludono Presidente e Segretario– l’energia rinnovabile rappresenta, a oggi, uno dei pochi alleati considerata la scarsa disponibilità di risorse fossili della nostra regione e del nostro Paese”.Secondo una recente indagine di ENEA, per soddisfare l’intero fabbisogno elettrico del settore residenziale nazionale servirebbe installare pannelli fotovoltaici sul 30% circa della superficie complessiva dei tetti degli edifici ad uso abitativo del nostro Paese, che equivale a quasi la totalità dell’area idonea all’installazione di questi dispositivi.
Lo studio, pubblicato sulla rivista “Open access Energies” descrive il reale potenziale del fotovoltaico in Italia al 2030 e al 2050 impiegando solo le superfici di copertura di edifici esistenti, senza la necessità di ulteriore uso del suolo.
Nel nostro Paese gli edifici ad uso residenziale sono oltre 12 milioni con una superficie complessiva dei tetti di circa 1.490 km2, di cui solo 450 km2, pari appunto al 30% circa, potrebbero avere caratteristiche adeguate all’installazione di pannelli fotovoltaici.
Nel dossier viene evidenziato come, ipotizzando di occupare interamente questa superficie ottimale (circa 450 km2), si potrebbero generare oltre 79 mila GWh di energia elettrica per una potenza complessiva installata di 72 GW. Anche se si riuscisse a occupare una superficie inferiore (indicativamente circa 310 km2), l’energia prodotta sarebbe in grado di soddisfare il fabbisogno energetico elettrico del settore residenziale pari a un consumo medio annuo di circa 65,5 mila GWh.
Tuttavia, gli scenari più ‘probabili’ evidenziati dallo studio ENEA dimostrano che la potenza fotovoltaica installata potrebbe essere solo pari a 6 GW, ovvero l’11,5% dell’obiettivo nazionale fissato in 52 GW di nuova capacità fotovoltaica al 2030 (due volte e mezzo la potenza registrata nel 2020). Al 2050, lo studio stima che la produzione di energia elettrica da fotovoltaico potrebbe coprire potenzialmente poco meno del 40% del fabbisogno nazionale, ma con significative differenze a livello regionale: Veneto, Emilia-Romagna e Lombardia dovrebbero avvicinarsi agli obiettivi nazionali anche seguendo scenari più cautelativi, mentre altre regioni necessiterebbero di scenari più spinti. Per sostenere e promuovere il fotovoltaico sui tetti serve rimodulare gli incentivi o adottare nuove azioni su base regionale.
A livello territoriale, lo studio ENEA ha calcolato che al 2050 nel Nord-ovest si potrebbe produrre oltre 5.500 GWh di energia elettrica con il fotovoltaico sui tetti, consentendo di soddisfare fino al 50% del fabbisogno residenziale. Nel Nord-est questa percentuale potrebbe superare il 50%, con una produzione complessiva di 7.100 GWh. Al Centro, la percentuale scenderebbe a circa il 40%, mentre nel Sud e nelle Isole la copertura del fabbisogno raggiungerebbe percentuali via via più basse.
Nonostante il potenziale e la convenienza del fotovoltaico sulle coperture degli edifici, rimangono da affrontare sfide come la natura intermittente di questa fonte di energia e procedure amministrative che restano complesse, anche se di recente è stata varata una normativa che punta a ridurre la burocrazia e a promuovere nuove installazioni sui tetti di edifici esistenti, compresi quelli dei centri storici.
Negli ultimi anni sono stati realizzati molteplici interventi di efficientamento energetico del nostro patrimonio edilizio, ma molto rimane da fare: gli edifici residenziali sono responsabili ancora del 12% delle emissioni e del 30% del fabbisogno energetico complessivo del nostro Paese soprattutto a causa della climatizzazione e delle scarse prestazioni termiche dell’involucro edilizio.