La Sardegna non è terra per giovani imprese. L’Isola penultima in Italia per condizioni per lavorare e creare attività economiche. Oltre 14mila imprese giovanili, ma solo 1 su 5 è artigiana. Riccardo Porta (Giovani Imprenditori Confartigianato Sardegna): “La Sardegna non è amica delle giovani menti: problemi cristallizzati da tempo e irrisolti. E il 21,4% di NEET sardi è uno spreco assurdo”.
La Sardegna non è “amica delle giovani imprese”.
L’Isola è, infatti, penultima tra le regioni italiane che offrono alle “nuove idee imprenditoriali” le migliori condizioni per lavorare e creare attività economiche.
Il territorio ideale è quello della Lombardia (indice pari a 798 punti ovvero elevata performance) seguito dal Piemonte (770 punti). In coda, come detto, ultimo il Molise (376 punti) e penultima la Sardegna (384 ovvero “bassa performance”), con una media nazionale di 627 punti. Tra le province sarde, tutte classificate a “bassa performance” per le nuove imprese, la migliore è quella di Nuoro-Ogliastra, al 79esimo posto con indice di 476. Seguono Oristano, 83esimo posto con indice 458, Cagliari, 87esimo posto con indice 437, Sud Sardegna, 87esimo posto con indice di 437 e Sassari-Gallura, 104esimo posto con indice di 386. Nel resto dell’Italia, il terreno più fertile è a Cuneo, seguita da Bergamo e Vicenza. All’altro capo della classifica le condizioni più difficili per l’occupazione e la voglia di fare impresa dei giovani si riscontrano a Siracusa, Taranto.
La classifica delle regioni e delle province “amiche” delle nuove generazioni è stata stilata dall’Ufficio Studi di Confartigianato Imprese Sardegna, che ha analizzato i dati UnionCamere-Infocamere del 2023,e contiene l’indice dei territori a misura di giovane per impresa e lavoro che monitora le condizioni dell’habitat sulla base di tredici indicatori che comprendono, tra gli altri, il tasso di occupazione under 35, la presenza di giovani imprenditori, la collaborazione scuola-impresa, la diffusione dell’apprendistato, il saldo migratorio dei giovani all’estero o altre regioni.
Gli ultimi dati dicono anche come in Sardegna siano attive 14.553 imprese giovanili ovvero l’8,5% di tutte le imprese sarde. Quelle femminili giovanili sono 4.267 e quelle gestite da giovani stranieri sono 1.435. Le under 35 artigiane sono 2.616, di cui 686 femminili e 153 gestite da stranieri.
“Questa Italia a velocità diverse per l’ambiente che circonda i giovani – Riccardo Porta, giovane artigiano sardo e componente della Giunta Nazionale di Confartigianato Giovani Imprenditori – da un lato favorisce l’attività di 522.086 imprese guidate da under 35 in tutta Italia, dall’altro è all’origine del nostro record negativo in Europa”. “Nell’Isola preoccupa anche il fatto che meno di 1 impresa giovanile su 5 sia artigiana (il 17,98%) – continua Porta – significa che il tessuto artigiano invecchia e fatica a rinascere: questo ci deve far riflettere sulle evidenti criticità sulla vocazione imprenditoriale artigiana dei giovani. E l’andamento demografico negativo, giustifica solo una parte di questa flessione”. “Nel breve periodo – prosegue il giovane imprenditore – sono altre le cause da considerare: la tradizionale difficoltà italiana sul passaggio generazionale, i costi e i maxi rincari che, comprimendo i margini di guadagno, hanno sconsigliato non pochi giovani ad aprire un’attività imprenditoriale, anche se artigiana. Sono convinto che la propensione imprenditoriale dei giovani dipenda anche dalla qualità dei servizi di supporto, come il tutoraggio, gli incentivi e l’accompagnamento manageriali che vengono offerti. E la Sardegna, dobbiamo dirlo, da questo di vista, ha carenze gravissime, cristallizzate da tempo”. “I giovani sono il futuro del made in Sardegna e Made in Italy – rimarca Porta – ma il 21,4% dei giovani tra i 15 e 29 anni che non cerca lavoro e non studia, i cosiddetti NEET, soprattutto in Sardegna, rappresenta un assurdo “spreco”, una vera e propria emergenza da affrontare rapidamente. L’Anno Europeo delle Competenze sia l’occasione per cambiare davvero, facendo leva sulla formazione, su un nuovo e intenso rapporto tra scuola e imprese per trasmettere il “saper fare”, su misure per sostenere la creazione d’impresa e il passaggio generazionale in azienda”. “Il futuro – conclude – si crea con le competenze, fondamentali sia per creare un’impresa che per portare avanti l’impresa di famiglia. La formazione continua è la vera ricetta per stare al passo con le grandi trasformazioni del mondo e del modo di fare impresa».
Analisi nazionale.
Questa ‘Italia a diverse velocità’ per l’ambiente che circonda i giovani da un lato favorisce l’attività di 522.086 aziende guidate da under 35, dall’altro è all’origine di un nostro record negativo in Europa. Secondo il rapporto di Confartigianato, infatti, nel 2022 siamo stati il Paese con il più alto numero di giovani tra 25 e 34 anni che non si offrono sul mercato del lavoro: ben 1.568.000, con un tasso di inattività del 25,4%, rispetto al 15% della media europea. La Germania registra il 13,9%, la Spagna il 13,7% e la Francia il 12,7%. Il fenomeno è peggiorato visto che il tasso di inattività dei giovani italiani è aumentato di 3,4 punti rispetto al 21,9% registrato nel 2004. Tra gli under 35 che non cercano lavoro prevalgono le donne, pari a 1.033.000 (il 65,9% del totale), a fronte dei 535.000 uomini. Il 55,6% dei giovani inattivi si concentra nel Mezzogiorno, dove il tasso sale al 37,7%, più che doppio rispetto al 16,8% del Centro Nord. Tra gli inattivi tra 25 e 39 anni, ve ne sono 468.100 in possesso di una laurea. Di questi, due terzi sono donne.