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1° Maggio di confronto a San Gavino. Operai disperati e preoccupazione per il futuro

Da San Gavino Monreale la Cgil alza la voce per dire no ai licenziamenti dei lavoratori della fonderia e alla chiusura degli impianti di San Gavino e Portoscuso. Un 1° Maggio che si è aperto con una tavola rotonda dal tema “Industria: quale futuro per il territorio e per la Sardegna?”.

Un tema importante che ha racchiuso tante parole ma che concretamente poteva ben poco se non confrontarsi su quanto si sta verificando nell’Isola e nel medio campidano in particolare dopo la chiusura negli anni ’90 degli stabilimenti industriali di Villacidro

e successivamente sempre nella stessa area industriale la chiusura della Scaini e della Keller. Migliaia di persone hanno perso il posto di lavoro e la riconversione non è mai stata portata a termine.

Il Governo e la Regione hanno investito milioni di euro per conservare un minimo di industria ma, nonostante questi soldi, gli imprenditori presi i contributi pubblici sono scappati e spesso hanno anche lasciato la spazzatura. I sindacati possono proclamare mobilitazioni o scioperi, portare all’attenzione delle forze dell’ordine la grave situazione di allarme che investe i territori del Sulcis e del Medio Campidano, ma alla fine tutto cade nel nulla, con gli operai costretti ad accettare una cassa integrazione di appena 800 euro al mese che non consente di vivere ma, al contrario, li mette spalle al muro. Una lenta agonia che porta alla morte morale, che uccide prima loro e poi le loro famiglie.

Eppure qualcuno sembra anche alzare la voce richiamando (sempre a parole) l’imprenditore di turno ad assumersi le proprie responsabilità ricordando quanto la politica abbia fatto per loro in questi anni.

La verità è una sola: le industrie chiudono e gli operai sono alla canna del gas. Per il resto sono solo parole, tante, che dagli anni ’90 ad oggi sono volate alte nel cielo della Sardegna. Cambiano i politici, gli scenari, i sindacalisti, ma non cambiano gli imprenditori che chiudono i battenti e gli operai che muoiono di fame.

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