Ci sono numeri, densità produttiva, forse persino prospettive differenti, ma oggi la vertenza dei lavoratori della Portovesme Srl è la stessa dei lavoratori diretti e indiretti dello stabilimento siderurgico di Taranto. Due tsunami annunciati, figli di politiche economiche, industriali ed ambientali scellerate, che oggi rischiano di deporre sull’altare della “transizione industriale” migliaia di lavoratori se non si troveranno soluzioni che possono essere possibili grazie agli investimenti pubblici. Ed è arrivato il momento di diventare un corpo unico.
Ne parla così il segretario generale della CGIL di Taranto, Giovanni D’Arcangelo che il prossimo 16 maggio parteciperà ai lavori del Comitato di Sorveglianza del Programma Nazionale del Just Transition Fund Italia 2021-2027 insieme alla CGIL nazionale.
Ed è proprio da quella posizione che D’Arcangelo pone l’accento sulle due aree SIN italiana su cui il JTF Italia ha allocato ben 1 miliardo e 200 milioni di euro (367 milioni di euro per il Sulcis Iglesiente e 796 milioni di euro per Taranto).
Come forze sindacali stiamo tentando in tutte le occasioni di avere atteggiamenti di responsabilità e collaborazione e con questo spirito lavoreremo con l’Autorità di Gestione del Just Transition Fund dal momento in cui le Organizzazioni sindacali confederali di CGIL CISL UIL hanno un ruolo ben preciso nella programmazione delle risorse europee 2021 -2027 – dichiara D’Arcangelo – ma alla responsabilità delle parti sociali va accompagnata la responsabilità delle imprese e delle istituzioni a tutti i livelli, a cominciare ad esempio dal Comune di Taranto che continua a non sentire urgente il bisogno di confrontarsi con i rappresentanti dei lavoratori su cui ricadranno le importanti scelte che si compiranno in questi mesi.
Una incertezza, dunque, che accompagna il panorama sardo e tarantino e che rende quanto mai necessario un rapporto di collaborazione più stretto tra le due aree territoriali italiane.
In Sardegna come a Taranto, dopo i danni dell’inquinamento sulla salute della comunità e dei lavoratori in particolare, dopo gli incidenti sul lavoro, resta il carico pestilenziale di licenziamenti, tagli, cassa integrazione. “È questa la transizione “giusta” che si pensa di realizzare? – dice il segretario generale della CGIL di Taranto – Perchè se è innegabile la necessità di eliminare le fonti fossili, è altrettanto indispensabile che l’eliminazione di quelle miniere o di quei forni debba essere accompagnato da misure improcrastinabili di riqualificazione, azioni precise di upskilling e reskilling dei lavoratori e del loro ruolo nella società”.
Per la CGIL di Taranto diventa pertanto necessario che queste due realtà territoriali dialoghino tra loro, creando un patto tra lavoratori che abbia come obiettivo primario la dignità, i diritti, la lotta alla povertà e alla disuguaglianza per salvaguardare due terre che hanno dato molto, troppo, all’economia di questo paese e che ora meritano più rispetto e decisioni coraggiose.