Le immagini del murale firmato da Alessandro Spano, vandalizzato nella notte tra il 3 e il 4 marzo, sta facendo il giro del web e suscitando indignazione e incredulità tra i cittadini sangavinesi.
Se un gesto di questo tipo è incommentabile – difficile trovare parole per risalire alla genesi di una simile imbecillità: ignoranza, noia, ubriachezza, cattiveria o un mix di tutte queste cose insieme – potrebbe forse essere utile esercizio cercare di trovare punti in comune tra questo gesto e tanti altri piccoli “segnali” che dimostrano come questo non sia un episodio isolato, quanto una costante nel sentimento autolesionista
del paese.Già, perché fa rabbia vedere scarabocchiato un murale (al di là dell’aggravante del simbolo nazista), ma dovrebbe suscitare la stessa rabbia vedere i concittadini “sabotare” costantemente iniziative, opere, idee altrui. E scorrendo tra i commenti indignati è sicuramente possibile trovare persone indignatissime che però fino a poco prima hanno “scarabocchiato” sui progetti e sui lavori di altre persone, enti, associazioni, partite iva.
Senza dover fare eccessivi sforzi di memoria, basta pensare al recente Carnevale per capire di cosa si parla: mentre tante teste e braccia lavorano per offrire uno spettacolo che dia lustro alla cittadina, troviamo tanti piccoli vandali con lo spray (magari digitale) a denigrare, criticare e (tentare di) distruggere gli sforzi altrui. Alcuni forestieri, certo, ma tanti, troppi, anche sangavinesi.
Lo stesso accade per gli altri piccoli e grandi eventi di San Gavino Monreale, per l’apertura di nuovi negozio o attività, per chi presenta un progetto al Comune. La lista è lunghissima e non basterebbero mille pagine per documentarle tutte. Sì, perché chi “fa” è spesso osteggiato con violenza da chi “non fa” o “non sa fare”. Sicuramente sabotare le iniziative altrui fa meno “clamore” di una svastica su un murale, ma il principio alla base è identico: rovinare il lavoro altrui per sentirsi “meno peggio” in un paese che deve rimanere mediocre
, a misura di vandalo.Ne sappiamo qualcosa anche noi: quando è filtrata la notizia della stipula della convenzione per il “Filo diretto con il Comune” abbiamo avuto modo di vivere sulla nostra pelle i tentativi di vandalismo da parte di “insospettabili” concittadini. Ma il nostro, purtroppo, non è un caso isolato (seppur documentabile).
Ogni tanto bisognerebbe quindi chiedersi: “E se il vandalo fossi io?”. Capiamo però che si tratta di uno sforzo intellettuale esagerato per chi vive nella costante ricerca dell’annullamento del prossimo nella speranza di affermare se stesso.
Dieci anni fa, nel lontano 2013, abbiamo pubblicato l’iconica lettera «Sesi propriu santuingesu!» e dispiace constatare amaramente che nulla è cambiato, anzi.