La decisione della Portovesme SRL di fermare la linea piombo e collocare ulteriori 200 lavoratori in cassa integrazione, ai quali si sommano gli oltre i 400 già collocati (a rotazione) in precedenza, nonché tutti gli altri dipendenti delle imprese d’appalto e dell’indotto sottoposti alla medesima condizione, è assolutamente inaccettabile, per il consigliere regionale Fabio Usai.
“La multinazionale, proprietaria delle fabbriche – sottolinea l’esponente politico – ha conseguito utili crescenti durante tutta la sua sua attività produttiva nel Polo Industriale di Portovesme e nella zona industriale di San Gavino, persino nel periodo più acuto della pandemia. Godendo finanche di agevolazioni fiscali. Ovviamente nessuno vuole contestare l’incidenza nell’aumento dei costi dell’energia sulla sostenibilità del processo produttivo, ma è anche vero che determinate scelte del recente passato del management locale sul fronte delle tariffe energetiche sono state quantomeno infelici e poco lungimiranti; e oggi i lavoratori ne pagano amaramente le conseguenze. Mentre dal management nessuno si è ancora assunto le proprie responsabilità”.
Dopo i rumors dei giorni scorsi e l’allarme lanciato dai lavoratori e da alcuni sindaci del territorio, arriva l’appello anche dai banchi del consiglio regionale.
“Invito la dirigenza aziendale a retrocedere dai propri intendimenti evidentemente orientati alla fermata produttiva, a temporeggiare ulteriormente dimostrando di voler credere nel futuro della fabbrica e nel superamento dell’attuale momento di difficoltà. Magari investendo a tale scopo una piccola parte di ciò che ha legittimamente ottenuto nel passato. D’altronde – spiega Fabio Usai – un nuovo Governo si sta per insediare a livello nazionale, e all’insufficiente provvedimento dell’energy release recentemente approvato dal Parlamento, potrebbero aggiungersene degli altri auspicabilmente più efficaci. Questo, conclude il Consigliere regionale, non è il momento di tirare i remi in barca e di assumere atteggiamenti irresponsabili e incuranti delle sorti del territorio, ma è invece quello di impegnarsi tutti insieme, azienda, parti sociali e politica, per scongiurare la chiusura di una delle ultime grandi realtà produttive della nostra isola”.