La crescita incontrollata dei prezzi dell’energia è il tema caldo degli ultimi mesi, in queste settimane al centro della campagna elettorale in vista delle elezioni politiche del 25 settembre.
L’arrivo dell’autunno – con le giornate più corte e la necessità di riscaldare case e ambienti di lavoro – rischia di far saltare i conti di famiglie e imprese che da gennaio 2022 assistono a un costante aumento delle cifre da pagare per le bollette di luce e gas. A questo si somma il rincaro parallelo di legna e pellet (e c’è chi parla apertamente di speculazione) che renderanno più costosa la vita durante il prossimo inverno.
I governi europei stanno cercando delle soluzioni tecniche, accanto a quelle diplomatiche per risolvere la crisi delle forniture conseguente alla guerra tra Russia e Ucraina, per tentare di ridurre i consumi nazionali e non intaccare le scorte di gas, il combustibile maggiormente utilizzato nelle centrali elettriche.
Il ministro della transizione ecologica Roberto Cingolani, durante l’estate ha proposto un piano che prevede, negli uffici pubblici e nelle abitazioni private, l’abbassamento della temperatura di 1°C e la riduzione di un’ora del tempo di accensione delle pompe di calore. Resta da verificare quanto sia “controllabile” da parte dello Stato il comportamento di esercenti e privati cittadini, ma questo è un discorso a parte.
Tra le possibili soluzione tecniche si parla anche di riduzione dell’illuminazione pubblica e privata notturna. Altri paesi del blocco europeo hanno già varato delle contromisure: in Germania
e Spagna sarà vietato tenere accese le insegne luminose e le vetrine dei negozi dalle 22:00 alle 6:00. In Francia stesse limitazioni dall’1:00 alle 6:00, con l’obbligo di tenere le porte chiuse per non disperdere il calore.Anche in Italia, e nella nostra Sardegna, c’è chi propone di spegnere i lampioni dell’illuminazione pubblica e lasciare i paesi al buio e tagliare (ulteriormente) i servizi ai cittadini: una misura che cambierebbe in peggio la qualità della vita nelle nostre città e che probabilmente, a conti fatti, sarebbe un semplice palliativo. La battaglia si combatte infatti non nelle strade dei piccoli paesi, ma nei palazzi dei Governi dell’Unione Europea: devono essere le istituzioni internazionali a trovare un accordo sul prezzo del gas ed eventualmente “alleggerire” le bollette trovando risorse straordinarie per i cittadini.