Quello del Montiferru e Planargia è stato nel 2021 l’incendio più esteso di tutta Italia. Un anno disgraziato per il Bel Paese che ha registrato il triplo di ettari colpiti da incendio rispetto al 2020, interessando lo 0,5% di tutto il territorio.
È quanto emerge dalle elaborazioni di Coldiretti Sardegna sui dati dell’Ispra (l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale).
Il solo incendio del Montiferru, che un anno fa imperversava proprio in queste ore, ha coinvolto 13 Comuni ed ha bruciato il 63% del totale del territorio sardo andato in fumo nel 2021.
La Sardegna nel 2021 si piazza terza nelle triste classifica delle Regioni con aree forestali bruciate, dietro la Sicilia e la Calabria.
Secondo le elaborazioni di Coldiretti Sardegna sui dati Ispra, l’Isola ed in particolare il Montiferru, nel 2021, ha registrato anche il primato di avere due Comuni tra i primi tre italiani con la superficie più bruciata. Sono Sennariolo, al primo posto con il 94% della superficie comunale (il 65% della quale con boschi, macchia mediterranea e pascoli arborati) e Cuglieri, al terzo posto con il 39% (oltre la metà dei quali boschi).
Una vera e propria devastazione ambientale che richiederà – secondo le stime Coldiretti – 15 anni per ricostituire i boschi ridotti in cenere dal fuoco che hanno causato oltre ai danni all’ambiente anche all’economia, al lavoro e al turismo. Ogni rogo – sottolinea la Coldiretti – costa agli italiani oltre diecimila euro per ettaro fra spese immediate per lo spegnimento e la bonifica e quelle a lungo termine sulla ricostituzione dei sistemi ambientali ed economici delle aree devastate.
La situazione preoccupante anche in un 2022 che si è già classificato fino ad ora come l’anno più caldo di sempre con una temperatura addirittura superiore di 0,76 gradi rispetto alla media storica ma si registrano anche precipitazioni praticamente dimezzate lungo la Penisola con un calo del 45%, secondo l’analisi della Coldiretti su dati Isac Cnr relativi al primo semestre.
A causare gli incendi 6 volte su 10 è l’uomo con i piromani in azione, ma dall’altra incide anche un territorio sempre meno presidiato a causa della chiusura e arretramento delle aziende agricole a causa anche di normative assurde. E questo avviene in una Regione come la Sardegna dove oltre il 50 per cento della superficie (oltre 24.000 km2) è vocata a foresta, con circa 1.300.000 ettari su un totale di 2.408.989. Che costituisce l’11% della superficie forestale italiana che, a sua volta, si classifica seconda in Europa con il 38 per cento della superficie (oltre 11 milioni di ettari).
“Gli incendi sono una calamità naturale che oltre ai devastanti danni ambientali colpisce ogni anno tantissime aziende agricole che subiscono perdite e spese ingenti – sottolinea il direttore di Coldiretti Sardegna Luca Saba che ricorda –: le aziende agricole colpite dal terribile incendio dello scorso anno non hanno ancora ricevuto un euro nonostante i denari siano stati stanziati da tempo. Questo corrobora la proposta taglia burocrazia che abbiamo presentato in Regione, in cui sovrapponendo le foto satellitari dei terreni interessati dall’incendio rilevate attraverso il programma Ue Copernicus con quelle degli stessi terreni presenti nei fascicoli aziendali, in una settimana si ha un quadro preciso di ciò che è successo, con dati su ettari interessati, intensità dell’incendio e nome delle aziende interessate consentendo in un mese di indennizzare le aziende realmente danneggiate”.
Inoltre Coldiretti Sardegna ha presento alla Commissione della Camera dei Deputati una proposta “in cui chiediamo di rivedere e innalzare i limiti di pascolamento nelle superfici forestali che oggi sono molto bassi con sole 3 pecore ad ettaro – ricorda il presidente di Coldiretti Sardegna Battista Cualbu -. Allo stesso abbiamo chiesto che il ministero dell’Agricoltura consenta che le Pratiche locali tradizionali (Plt) abbiamo tara 30 e non 70. Da quando le tare sono aumentate gli animali non hanno più pascolato nelle zone forestali e di conseguenza hanno creato un enorme carico a rischio d’incendio sui boschi, oltre ad incentivare l’abbandono da parte delle aziende agricole di quei territori”.