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martedì, 16 Luglio 2024

Incendi, una legge regionale assurda mette in ginocchio gli agricoltori

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Il caldo africano delle ultime settimane, con temperature record su tutta la l’Isola, rischia di mettere in ginocchio anche le attività agricole. Colpa della siccità? Macché! Sono le norme regionali a tutela dell’ambiente e contro l’innesco degli incendi boschivi che impediscono un sereno svolgimento del raccolto, in particolare di cereali e foraggere, in tutta la Sardegna.

Oltre al danno, anche la beffa. Non bastano i mutamenti climatici e la piaga delle cavallette, mal gestita (o meglio, non gestita affatto dal 2019 a oggi), ma anche una normativa che impedisce agli agricoltori di raccogliere, pena multe salatissime, i cereali come il grano o altre colture fondamentali per la vita in campagna, come il foraggio.

La pietra dell’ennesimo scandalo (non dimentichiamo che il mondo del volontariato è attualmente sul piede di guerra a causa bando regionale per il pattugliamento antincendio) è l’Art. 4, punto B, dell’allegato alla delibera di Giunta regionale del 2 maggio 2022, sulle prescrizioni antincendio, che vieta l’utilizzo “di attrezzi, mezzi e strumenti che possano provocare scintille e favorire l’innesco di un incendio”.

Di fatto, secondo questa norma, gli agricoltori devono fermare tutti i mezzi agricoli nei giorni di allerta meteo per rischio incendi. Praticamente per tutta l’estate, se andiamo a sfogliare i bollettini della Protezione Civile regionale dell’ultimo mese e guardiamo le previsioni meteo per le prossime settimane.

In passato gli agricoltori hanno sempre utilizzato tutti gli accorgimenti necessari per garantire una maggior sicurezza nelle attività di sfalcio o trebbiatura dei raccolti nelle fasce di massima emergenza rispetto alle ondate di calore. Ci si muniva di atomizzatori e di estintori durante le lavorazioni e si aumentava la manutenzione delle macchine e dei mezzi collegati, proprio per ridurre al minimo le situazioni di rischio.

“Purtroppo, quest’anno, – afferma Paolo Canargiu, agricoltore di San Gavino Monreale – abbiamo notato una sorveglianza più incisiva rispetto al passato che, in diverse occasioni, ha interrotto le nostre attività anche negli sfalci in notturna. Capiamo bene che tali norme sono pensate per la tutela dell’ambiente e per evitare l’innesco di roghi in giornate particolarmente pericolose, ma è altrettanto vero che non possiamo interrompere i raccolti poiché vanno effettuati in determinati periodi: a rischio sono infatti mesi e mesi di lavoro che potrebbero determinare perdite ingenti per le nostre aziende agricole. O i prodotti si raccolgono entro una certa finestra temporale oppure si butta via tutto”.

Gli agricoltori sono dunque in preallarme e diversi coltivatori diretti hanno dovuto spegnere i mezzi, temendo le gravi ripercussioni economiche in caso di sanzioni, ma consapevoli di non poter perdere tutto il raccolto stagionale. Insomma, si trovano tra incudine e martello, abbandonati da una politica che ancora una volta è più avvezza alle dinamiche di palazzo che al mondo della campagna.

Una richiesta di chiarimenti e di intervento immediato è stata richiesta dai vertici regionali di Confagricoltura che chiedono un intervento rapido affinché si risolva quanto prima questa difficile situazione. “È inaccettabile che ai nostri agricoltori – ha tuonato il presidente regionale di Confagricoltura, Paolo Mele – sia impedito di lavorare con una serie di norme che condizionano quotidianamente le attività sui campi. Impedimenti e restrizioni continue, quando poi le strade statali, provinciali e quelle di penetrazione agraria sono lasciate nel totale abbandono creando delle vere e proprie polveriere pronte ad esplodere e a provocare danni e disastri ambientali con cui dobbiamo fare i conti soprattutto noi che viviamo del lavoro agricolo. Siamo disponibili al dialogo, ma a ognuno le proprie responsabilità”.

Giunti a questo punto è necessario che la Regione intervenga immediatamente per porre rimedio a una norma miope. Magari con qualche nuovo articolo o comma che, al posto di impedire agli agricoltori un onesto lavoro, disponga risorse per il controllo del territorio da parte della popolazione locale, delle compagnie barracellari, della Protezione Civile. Insomma da chi conosce bene il territorio e lo ama davvero, perché ci vive e ci lavora, non di certo da un’azienda “continentale” o straniera che si aggiudicherà un bando e che in 48 giorni non farà in tempo nemmeno a conoscere le strade che dovrebbe pattugliare.

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