“Lo stop all’attività in intramoenia, secondo le indicazioni che abbiamo dato a tutte aziende sanitarie, viene applicato là dove non sia rispettato il rapporto tra i volumi dell’attività ordinaria e quella libero professionale all’interno delle strutture pubbliche o addirittura nel caso in cui l’attività in intramoenia superi quella convenzionale in termini di numero di prestazioni, così come previsto dall’attuale normativa”, lo dichiara l’assessore regionale della Sanità, Mario Nieddu, rispondendo alle polemiche sollevate negli ultimi giorni in seguito alla decisione di porre una stretta all’attività in intramoenia in tutte quelle situazioni in cui venga rilevato uno squilibrio fra l’attività libero professionale svolta all’interno delle strutture pubbliche e quella istituzionale ordinaria.
“In tutti questi casi ristabilire il giusto rapporto significa aumentare il volume dell’attività ordinaria con il conseguente taglio delle liste d’attesa. Perché se è vero che l’attività in intramoenia viene svolta al di fuori degli orari in cui si esegue l’attività istituzionale è anche vero che si verificano casi in cui i professionisti, a fronte di pochissime prestazioni rese nell’orario di lavoro, accumulano un elevato volume di prestazioni intramoenia e questo è inaccettabile e non è contemplato dalla normativa vigente. Peraltro è responsabilità delle aziende sanitarie garantire il rispetto degli equilibri previsti dalla legge e l’attuazione dei piani d’abbattimento delle liste d’attesa. Niente impedisce alle aziende sanitarie – sostiene Mario Nieddu – di aumentare il volume di visite, esami ed interventi in regime ordinario attraverso lo strumento delle prestazioni aggiuntive. Riportare in equilibrio i due regimi d’attività, condizione necessaria per lo svolgimento dell’attività in intramoenia, comporta giocoforza un abbattimento dei tempi per le prestazioni ordinarie”.
In molti hanno sottolineato come questa decisione rischi di allungare i tempi di attesa per una visita, dato che l’intramoenia viene utilizzata spesso come “scorciatoia” per le visite urgenti.
“Sostenere che lo stop all’intramoenia determini un aumento delle liste d’attesa è un paradosso, anche perché bisogna ricordare che lo strumento dell’attività libero professionale all’interno delle strutture pubbliche nasce con uno scopo ben diverso, quello di consentire ai pazienti la scelta del medico curante, cosa che in sanità pubblica non può essere garantita. In alcun modo l’attività intramuraria può o deve essere considerata una stampella all’attività ordinaria se si vuole garantire un accesso all’assistenza equo secondo i principi che animano la sanità pubblica”, sottolinea l’assessore.