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Edilizia, in Sardegna le imprese rischiano la chiusura per crediti non incassati

Edilizia

Bonus edilizi: in Sardegna le imprese rischiano di morire di crediti. 150 i milioni di euro che non possono essere incassati. Rischio per 1.000 imprese e 5mila dipendenti. Le proposte di Confartigianato per lo sblocco cessioni. Lai e Meloni (Confartigianato Sardegna): “Serve soluzione immediata: non possiamo chiudere con il cassetto fiscale pieno”.

Sono circa 150 i milioni di euro, sul totale di oltre 1 miliardo di investimenti ammessi a detrazione nell’Isola, che le imprese sarde del Sistema Casa non sono ancora riuscite a incassare attraverso la cessione dei crediti del Superbonus 110%.

Sono questi i dati, stimati da Confartigianato Edilizia Sardegna, a fine dello scorso maggio; un patrimonio di crediti bloccati che sta mettendo in crisi di liquidità migliaia di imprese.

Dopo le denunce, gli appelli, le lettere verso le Istituzioni, i Parlamentari e gli Istituti Finanziari, Confartigianato ha chiesto al Governo di liberare le imprese dai crediti incagliati nei cassetti fiscali, non gestibili sul mercato bancario, e di scongiurare il fallimento di migliaia di imprese. Per questo considera indispensabile un rapido intervento per sanare la situazione pregressa con un intervento straordinario da parte dello Stato per una conversione dei crediti in titoli negoziabili sul mercato.

Secondo i dati rilasciati da Enea sull’utilizzo del Superbonus 110% e relativi al 31 maggio, in Sardegna le asseverazioni sono state complessivamente 5.952 per un totale di investimenti pari a 1miliardo e 039 milioni di euro e investimenti lavori conclusi di 708 milioni di euro. I condomini registrano 449 asseverazioni per 381 milioni di detrazioni (investimento medio di 849 mila euro), per le unifamiliari le asseverazioni sono 3.959 per 483 milioni di investimenti (investimento medio 122 mila), mentre per le case indipendenti le asseverazioni sono 1.544 per 174 milioni di investimenti (investimento medio 122mila).

Dobbiamo disinnescare la “bomba” dei circa 150milioni di euro che non possiamo monetizzare e la soluzione non può che passare attraverso il ruolo degli Istituti di Credito: è fondamentale superare questo momento di drammatico stallo per il settore – commenta Maria Amelia Lai, Presidente di Confartigianato Imprese Sardegna se stimiamo che una impresa-tipo delle costruzioni in Sardegna possa avere un fatturato medio di circa 150mila euro annui, questo blocco farebbe chiudere i battenti a circa 1.000 imprese e manderebbe a casa oltre 5mila dipendenti”. “Siamo all’ultimo capitolo di una storia surreale – ricorda la Presidente che da novembre 2021 ha visto il Governo intervenire ben 9 volte con modifiche normative sul meccanismo della cessione dei crediti”.

Per questo Confartigianato Sardegna torna sull’argomento per denunciare la situazione delle migliaia di imprese di costruzione che rischiano addirittura di fallire per troppi crediti.

 “I continui cambiamenti delle regole hanno gettato nell’incertezza gli operatori e reso estremamente prudente l’atteggiamento degli intermediari finanziari che avevano garantito l’acquisto dei crediti – sottolinea Giacomo Meloni, Presidente di Confartigianato Edilizia Sardegna in molti hanno chiuso gli acquisti per raggiunta capacità fiscale con il risultato che le imprese non riescono a recuperare i crediti presenti nei propri cassetti fiscali per lavori già eseguiti e non possono pagare dipendenti, fornitori, tasse e contributi”.

Confartigianato, a livello nazionale, per rimettere in moto il mercato della cessione del credito e far ripartire i cantieri, ritiene necessario ampliare la platea dei cessionari nei cui confronti le banche e i gruppi bancari possono in ogni caso effettuare la cessione, per consentire un buon assorbimento dei crediti fiscali, consentire l’utilizzo oltre l’anno 2022 della quota di credito d’imposta

non fruita e derivante dalla concessione di sconti in fattura. Infatti, molte imprese che hanno concesso lo sconto in fattura negli ultimi mesi dell’anno 2021 non hanno trovato cessionari disponibili all’acquisto dei crediti. Se non dispongono di capienza fiscale, rischiano di perdere la prima rata annuale per la parte non compensata; riaprire il termine per la trasmissione delle comunicazioni di opzione, scaduto il 29 aprile 2022. Sono molte le imprese che, per motivi diversi (inerzia di un soggetto terzo incaricato, rifiuto del cessionario per errori formali contenuti nella comunicazione di opzione) non hanno potuto trasmettere (o ritrasmettere) la comunicazione nel termine del 29 aprile. Peraltro, è stata rappresentata l’opportunità di prevedere, a regime, l’eliminazione di un termine rigido almeno per lo sconto in fattura, o di introdurre un termine più ampio. In alternativa, potrebbe essere introdotta la possibilità di una “remissione in bonis”; Semplificare e unificare le procedure per l’istruzione delle pratiche di cessione, in modo da garantire tempi ragionevoli e sufficiente certezza tra gli operatori-imprese che confidano nella monetizzazione del credito. Infine rendere interoperabili le piattaforme utilizzate dai diversi istituti di credito al fine di semplificare ed unificare le procedure per l’istruzione delle pratiche di cessione.

Il clima che respiriamo – rimarca Melonitestimonia una crescente tensione nei rapporti tra banche e mondo delle imprese, che si vedono ormai costantemente negata la disponibilità all’acquisto dei crediti da parte di pressoché tutti gli Istituti. Una situazione che ha bloccato il settore e centinaia di milioni di euro già preventivati per ristrutturare il patrimonio immobiliare”. “I continui e repentini cambiamenti nell’impianto normativo della cessione del credito per i bonus edilizia hanno bloccato tutto, preventivi, progetti e speranze di migliaia di imprenditori del settore – conclude Meloni serve il contributo di tutti per riportare serenità e prospettive per un comparto, quello dalla casa, che oltre ad essere trainante anima in particolare il mercato interno”.

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