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Corpus Domini: dopo le celebrazioni, uno spunto di riflessione per la comunità sangavinese

All’indomani della celebrazione del Corpus Domini, importante festività cristiana, leggiamo sulla pagina Facebook del Convento S. Lucia – San Gavino Monreale un’interessante riflessione.

Seppur declinata profondamente alla riscoperta (o nel semplice riappropriarsi) delle radici cristiane della comunità sangavinese, il ragionamento è attuale e universalmente applicabile a qualsiasi altra forma di associazionismo (anche laico) e di vita sociale condivisa.

Nella lettera aperta indirizzata alla comunità si fa riferimento anche a temi da sempre a noi molto cari, dal momento che lavoriamo quotidianamente sul web e con i social.

Per questo ve la riproponiamo integralmente, con la speranza che possa essere di ispirazione per i nostri lettori.


Ieri era la domenica di Corpus Domini. Per chi ha fede una solennità non di poco conto.

In questi ultimi mesi di pandemia in tanti hanno alzato la voce – anche sui social – per chiedere che si riprendessero le proposte della fede popolare, talvolta chiedendo anche di eludere la necessaria prudenza che ancora questo tempo richiede (il covid c’è sempre e miete ancora tante vittime, anche se improvvisamente sembra non preoccupare più nessuno).

In ogni caso ieri abbiamo proposto una concelebrazione nella Chiesa di S. Teresa e poi la processione, con tappa a S. Chiara e conclusione nel piazzale del convento.

È stata una celebrazione bella, composta, e importante per chi ha deciso di viverla.

Eppure qualche domanda crediamo sia necessario porcela…

Dove sono le persone che si lamentano sui social, spesso in modo arrogante e violento, con accuse, giudizi e illazioni nei confronti della comunità cristiana e di chi è chiamato a servirla?

Ieri a messa e in processione c’erano circa una settantina di persone.

Abbiamo fatto fatica a trovare chi potesse portare il baldacchino e le trombe di amplificazione, oltre che la Croce che sempre deve aprire le processioni.

La stessa fatica l’abbiamo vissuta nella processione de “S’Incontru” a Pasqua.

E il tanto amato (almeno a parole!) “Su Scravamentu” non si è potuto fare perché ormai la confraternita è ridotta ai minimi termini e non ci sono più le forze per un lavoro così impegnativo.

Le domande sono tante e i social non sono luogo di riflessione però crediamo sia necessario che come cristiani ci si interroghi: siamo certi che quando si sollevano i polveroni mediatici si voglia davvero salvaguardare la fede, la tradizione, il vissuto di una cittadina?

O non piuttosto fare polemica gratuita rimpiangendo il semplice folklore che, comunque, pensiamo sia sempre qualcun altro a dover salvaguardare?

Ricordiamo amici cari che perché l’identità di un paese non si perda – a tutti i livelli ma soprattutto in ambito religioso – è necessario che alla vita della comunità si partecipi, si dia disponibilità, si offra servizio gratuito, e si rinunci anche a qualcosa di importante e personale perché tutto possa rigenerarsi.

Questo post non vuole essere un rimprovero per nessuno ma solo un invito alla riflessione.

Perché da qualcosa bisogna ricominciare…e il primo passo potrebbe e dovrebbe essere proprio quello di riappropriarsi dei preziosi momenti liturgici che scandiscono la vita di fede di una comunità.

Da lì tutto rinasce: servizio, catechesi, educazione, sacramenti, momenti di festa.

E anche le tradizioni, saldamente ancorate alla tradizione del Vangelo.

Coraggio!

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