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martedì, 19 Novembre 2024
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Caro prezzi, gli allevatori di Arborea consegnano le chiavi delle aziende al Sindaco

Eventi e manifestazioni

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Dopo Stefano Arzu, l’allevatore  di suini di Talana, anche gli allevatori di Arborea spengono i motori dei trattori e consegnano le chiavi delle aziende al sindaco “perché il caro prezzi non ci consente più di lavorare”. Il grido di dolore arriva dagli allevatori della patria del latte vaccino che con il prezzo dell’oro bianco inchiodato a 34 centesimi al litro non riescono a pagare le spese per produrlo. Troppi i rincari della materie prime, dal mangime che ha fatto lievitare di 5 centesimi i costi di produzione al litro di latte, all’energia elettrica (+400%), al gasolio (+60%). Un aumento incontrollato che sta colpendo tutti i settori economici e agricoli. A questo si aggiunge una burocrazia cieca e irrazionale, che non consente un flusso regolare e trasparente delle pratiche comunitarie ghiacciando spesso i denari (vitali in tempi di crisi) per cavilli assurdi.

Per questo 50 allevatori, in rappresentanza di tutta la comunità, hanno spento i trattori lasciandoli parcheggiati davanti al Comune.

“Non ce la facciamo, siamo allo stremo – dice a nome dei colleghi Giancarlo Capraro presidente Coldiretti Arborea -. Siamo costretti a spegnere i trattori e con essi le stalle e consegnare le chiavi al sindaco perché non abbiamo più le forze economiche per metterla in moto, non abbiamo i soldi per alimentarla. La situazione è davvero insostenibile. I rincari sono a senso unico, sole alla voce costi mentre per quella entrate siamo fermi da quattro anni a 34 centesimi al litro di latte (anzi negli anni scorsi è arrivato anche a 35 centesimi). È chiaro che se prima raschiavamo il barile adesso, con questi rincari, stiamo lavorando in perdita, i costi di produzione sono più alti di quelli di vendita”.

Quella degli allevatori è una protesta pacifica “siamo consci che la situazione è difficile per tutti e che l’aumento dei prezzi è generalizzato e investe tutta la società – precisa l’allevatore Bruno Pettucco – . Per questo non vogliamo dare fastidio a nessuno ma dobbiamo denunciare che di questo passo siamo costretti a chiudere”.

La voce di protesta è accompagnata da proposte indirizzate sia alle Istituzioni che alla Grande distribuzione che gestisce il loro latte nell’ultimo e fondamentale anello della filiera, quello decisivo.

“Con una congiuntura economica come questa, aggravata da due anni di una epidemia epocale, lo Stato non può stare indifferente ma  deve intervenire per tagliare sia le accise dei carburanti che il canone fisso dell’energia elettrica – è la proposta degli allevatori dei bovini da latte -. Un intervento “salva Italia” che altrimenti rischia di schiantare e fermarsi non per Covid ma per inedia”.

Allo stesso tempo “chiediamo un atto di responsabilità alla Grande distribuzione sottoscrivendo un Patto con gli allevatori locali – dice Bruno Pettucco -, un Patto del latte per la Sardegna garantendo un prezzo equo ai produttori. Queste crisi a cascata investono tutti – continua  – e ne possiamo uscire solo con la solidarietà reciproca, dobbiamo fare squadra dando una corsia preferenziale al latte 100% sardo. I sardi apprezzerebbero e sarebbero riconoscenti dando il proprio contributo”.

L’arbitro di questa partita è la Regione Sardegna alla quale gli allevatori di Arborea si appellano: “è chiaro che il caro prezzi del gasolio cosi come dell’energia elettrica, dei mangimi e di tutte le materie prime non è nelle capacità della Regione Sardegna – ammettono gli allevatori di Arborea -, ma può incidere in diversi modi: sicuramente con lo Stato per tagliare accise e quote fisse; con la Gdo per fare da arbitro e magari garantendo la promozione dei prodotti sardi; inoltre l’altro passaggio in cui può essere l’unica protagonista è il taglio della burocrazia, garantendo l’immissione immediata dei denari bloccati per cavilli burocratici che oggi più di sempre appaiono assurdi per le imprese: diversi di noi, per esempio, hanno visto decurtato l’anticipo del benessere animale, in alcuni casi parliamo dai 10 ai 15mila euro per inezie che diventano fondamentali per le imprese agricole. Anche il ritardo di qualche mese per noi diventa vitale”.

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