Il giornalista del Corriere della Sera Aldo Cazzullo, rispondendo a un lettore che si diceva “spaventato” dagli indipendentisti sardi, si è detto amareggiato dal fatto che esistano sardi con velleità di indipendenza.
Professor Francesco Casula, docente e storico sardo gli ha risposto in maniera articolata, smontando pezzo per pezzo la tesi secondo la quale gli abitanti della Sardegna debbano tutti sentirsi “solo italiani” e non qualcosa di differente.
Ecco la lettera integrale di Francesco Casula.
Egregio Dottor Aldo Cazzullo
Lei scrive di essere amareggiato al pensiero “che esistano altri italiani, nel caso specifico sardi, che vorrebbero abbandonare la patria e lo Stato che i nostri antenati hanno costruito e difeso a prezzo di molto sangue”.
Ma non ha ragione di amareggiarsi. Per il semplice motivo che i sardi sono sardi non italiani.
O forse che prima eravamo spagnoli? E ancor prima catalano-aragonesi? O fenici durante la loro “colonizzazione”? O cartaginesi, o romani, o vandali o bizantini durante la loro dominazione?
Noi Sardi siamo certo cittadini italiani, ma di nazionalità sarda.
Ho l’impressione che Lei confonda Stato con Nazione. Quando la differenza è evidente. E, come recita l’apoftegma latino, “De evidentibus non est disputandum”!
Ricordo comunque che la Sardegna, storicamente, è entrata (e finanche coattivamente), nell’orbita italica – a parte la breve parentesi pisana e genovese nei secoli XI-XIII – solo agli inizi del 1700 quando venne ceduta al Piemonte, per un baratto di guerra, ai Savoia che diventarono re e si dimostrarono in 226 anni di dominio e sgoverno, tiranni ottusi famelici e sanguinari.
Siamo Sardi e siamo, da sempre una Nazione: per storia, diversa e dissonante rispetto alla coeva storia italiana ed europea; per lingua.(nata e affermatasi quasi 300 anni prima della lingua italiana e per più di 400 anni lingua ufficiale e cancelleresca nei regni giudicali ); per tradizioni.
Il “sentimento” nazionale sardo è viepiù largamente presente fra i sardi, oggi: alla faccia di chi ha sempre tentato di “snazionalizzarci” e “dessardizzarci”, privandoci della nostra Identità. Come Sardi intendo. Ricordo che nel 2012, in un sondaggio (curato dall’Università di Cagliari e da quella di Edimburgo e finanziato dalla Regione sarda, circa l’atteggiamento dei Sardi nei confronti della propria identità) è emerso che il 27% si sente sardo e non italiano; il 38% più sardo che italiano; il 31% tanto l’uno che l’altro e solo il 3% più italiano che sardo e l’1% esclusivamente italiano.
Ma si tratta solo di un “sentimento”, di un “umore”? O, meglio, di un ri-sentimento e di un mal-umore nei confronti dello Stato italiano, storicamente ostile nei confronti dell’Isola? O sta maturando una nuova consapevolezza e coscienza della propria “diversità” e “specificità” e dunque dell’essere “Nazione”? Che ha diritto dunque all’Autodeterminazione – garantita da tutti i Trattati e Convenzioni internazionali – e all’Indipendenza? Io credo di sì.
Non si amareggi dunque Dottor Cazzzullo: la nostra Partria (e Matria) è la Sardegna non l’Italia. Nessun abbandono quindi.
Naturalmente questa mia breve nota non sarà mai pubblicata nel Corriere della Sera: cui sembra fare paura la stessa parola “Indipendenza”. O devo ricredermi?