È soprattutto il grande incendio del 24 – 25 luglio che ha interessato il Montiferru e la Planargia ad aver accesso i riflettori su questa piaga che ogni anno in Sardegna brucia circa 12mila ettari (2.800 circa dei quali di bosco).
Un incendio devastante che ha trasformato un polmone verde di lecci, sughere, querce e oliveti secolari in un paesaggio lunare, lasciando sul campo diversi animali morti e tanta distruzione nelle aziende agricole.
La macchina della solidarietà è stata la più efficiente, con un grande movimento che si è messo in moto spontaneamente che ha interessato non solo tutta la Sardegna ma anche il resto d’Italia.
Ma sono tanti gli interventi messi in campo. Tra i quali quello studiato ad hoc dal Banco di Sardegna che ha stanziato 100 milioni di euro declinati in strumenti che vanno incontro alle diverse esigenze delle aziende agricole, delle imprese e delle famiglie interessate dagli incendi. Nel settore agricolo i risultati si sono già ottenuti dai primi giorni di agosto quando le aziende colpite pesantemente dagli incendi hanno ottenuto in una settimana, grazie alla semplificazione dei processi messi in atto dal Banco di Sardegna, i denari per poter cominciare la ricostruzione.
“Da questi momenti difficili dobbiamo cercare di cogliere gli aspetti positivi che devono servirci anche per il futuro – afferma il presidente di Coldiretti Oristano Giovanni Murru –. Uno di questi è sicuramente la sburocratizzazione. Abbiamo visto che i sistemi più efficienti sono stati quelli immediati che hanno saputo dare ossigeno nel momento del bisogno e non dopo mesi di decisioni e carte da sbrogliare. Ed è questo che chiediamo alla Regione interventi mirati e immediati”.
“La tempistica è fondamentale soprattutto quando si è travolti da eventi straordinari come quello degli incendi perché le aziende devono tornare all’operatività subito – spiega il direttore di Coldiretti Oristano Emanuele Spanò -. Allo stesso tempo questi eventi eclatanti come quello che ha colpito il Montiferru e la Planargia devono servire per imparare dagli errori commessi, in questo caso prestare maggiore attenzione alla cura del bosco iniziando nel ricreare le condizioni economiche e sociali affinché si contrasti l’allontanamento dalle campagne e si valorizzino quelle funzioni di vigilanza, manutenzione e gestione del territorio”.
Cosi come aggiunge Giovanni Murru “è questo il momento per rivedere l’innalzamento dei limiti di pascolamento nelle superfici forestali che oggi sono molto bassi con sole 3 pecore ad ettaro. Allo stesso tempo dal ministero consentano che le Pratiche locali tradizionali (Plt) abbiamo tara 30 e non 70. Da quando le tare sono aumentate gli animali non hanno più pascolato nelle zone forestali e di conseguenza hanno creato un enorme carico d’incendio sui boschi”.