La notizia che al sistema ferroviario sardo sono destinati pochi spiccioli dal piano di investimenti sostenuto dal Recovery suscita indignazione, e non può non determinare una ferma reazione della politica e delle Istituzioni.
La prima riflessione necessaria è che lo sdegno, stavolta, non deve tradursi in sterili e inconcludenti dichiarazioni di rito. Ciascuno si deve assumere precise responsabilità derivanti dal ruolo che ricopre. La programmazione delle risorse e le scelte strategiche sono elaborate da soggetti ben definiti, e non è credibile che le grandi controllate statali agiscano all’insaputa o addirittura contro la volontà dell’azionista. Occorre dunque una presa di posizione netta, chiara e conseguente da parte del Governo. La Sardegna ha diritto ad avere infrastrutture per la mobilità efficienti e moderne.
Da dove partire? L’opera fondamentale che segnerebbe il cambiamento epocale è la connessione dei tre porti principali, Porto Torres, Olbia e Cagliari, con una ferrovia veloce a due binari per treni passeggeri e merci, recuperando inoltre la connessione di Nuoro con Olbia. Si potrebbe andare da Sassari a Cagliari in un’ora. Una soluzione da me più volte indicata, e che darebbe risposta concreta ad almeno tre fondamentali esigenze.
La prima. I sistemi forti della Sardegna non sono connessi. Sassari, Olbia, Cagliari non interagiscono a sufficienza e come un recente studio della Banca d’Italia dimostra. Lo sviluppo di un territorio dipende dai tempi di relazione tra un settore ed un altro, e la Sardegna in questo senso è ultima in Italia.
Attorno a questa arteria principale si devono programmare e rafforzare tutte le connessioni intermodali locali, ferrovie a scartamento ridotto, tram, bus.
Si avvicinerebbero i piccoli centri all’insieme del sistema sardo in tempo rapido. Un reale rimedio allo spopolamento.
Inoltre, con un efficiente collegamento merci tra i tre porti, la Sardegna può proporsi come hub per le merci che transitano tra i paesi del mediterraneo diventando quel centro delle autostrade del mare di cui si parla da tempo.
Le zone Zes, sulle quali la Giunta Regionale ha impresso una forte accelerazione, assumerebbero a loro volta una importanza vitale. Cosa fare per far partire finalmente il progetto della ferrovia veloce sarda?
“Innanzitutto – queste le parole del presidente Solinas – chiedo al Governo, ad Rfi e Trenitalia che si elabori immediatamente uno studio di fattibilità, a cui la Regione vuole partecipare attivamente. Ciò permetterà l’inserimento dell’opera negli strumenti di programmazione nazionale. Il costo di un’opera così importante potrebbe essere di qualche miliardo di euro (tra i tre e i quattro) che possono essere coperti con finanziamenti nazionali e comunitari. L’esempio sono le opere commissariate in Italia. Più di 50 miliardi a cui in parte contribuisce il Pnrr. Si prevedono nove miliardi per la Sicilia, senza ancora progetti cantierabili. O investimenti su tratte secondarie del continente per svariati miliardi. Noi non possiamo accontentarci di piccoli interventi che non risolvono le esigenze fondamentali e non sono strategiche per una trasformazione radicale della mobilità sarda. Dobbiamo avere lo stesso coraggio e lungimiranza che nella seconda metà dall’800 permise di realizzare le attuali ferrovie sarde, che da allora, a testimonianza di una inaccettabile incuria, sono rimaste sostanzialmente invariate”.