Un agnello su quattro rischia di restare in ovile e non essere acquistato. È quanto emerso dall’incontro tenutosi nei giorni scorsi nel Contas (Consorzio dell’agnello di Sardegna Igp) promosso dai macellatori del settore secondo i quali, gli agnelli senza marchio, non Igp, sono rimasti senza mercato e rischiano di restare in ovile.
Schizzano, infatti, le richieste dei prodotti made in Italy a marchio. Un trend positivo che ha subito un’impennata dopo l’esplosione del Covid, con i consumatori che prestano maggiore attenzione alla qualità ed origine del prodotto.
Lo confermano le richieste dell’agnello Igp di Sardegna sempre più gettonato dai consumatori e di conseguenza dalla grande distribuzione, che vuole nei propri scaffali quasi ed esclusivamente quelli marchiati: “oltre il 90 per cento degli agnelli richiesti dalla grande distribuzione sono quelli a marchio Igp – affermano Francesco Forma e Antonello Milia, componenti del Cda del Contas in rappresentanza dei macellatori -. Il consumatore oggi mangia di meno, ma è consapevole e presta attenzione alla scelta di una carne di qualità e locale, garantita dal marchio Igp. Per questo, come ci confermano anche gli altri colleghi macellatori, per la prossima annata non possiamo assicurare che il mercato assorba anche gli agnelli non Igp”.
Da qui l’appello affinché tutti gli allevatori certifichino i propri agnelli Igp aderendo al Consorzio. “È fondamentale informare tutti i produttori che ancora non hanno aderito al Consorzio, del rischio che correranno se non aderiranno in tempi stretti – continuano Forma e Milia – anche perché sebbene la nuova annata non sia vicinissima, è altrettanto vero che sono necessari alcuni mesi per ottenere il riconoscimento da parte dell’organismo di certificazione. In collaborazione per il Contas, avvieremo una campagna martellante sulle aziende per sollecitare una adesione in massa al Consorzio dell’agnello di Sardegna Igp”.
Il Consorzio in 10 anni (2010 – 2020) ha visto crescere di circa il 70 per cento il numero degli associati, passando da 2.594 a 4.336 aziende mentre, gli agnelli certificati annualmente hanno superato il 75% dei capi macellati in Sardegna.
“Sono tutti sardi ma il 25 per cento senza marchio sono anonimi e si confondono con quelli che provengono da altre regioni – afferma il direttore del Contas Alessandro Mazzette -. Di fatto questa percentuale non certificata è difficilmente tracciabile e spesso favorisce il verificarsi di contraffazioni indebolendo inequivocabilmente la filiera sarda senza trarne alcun beneficio, anzi”.
Ricordiamo che anche le iniziative pubbliche vanno nella direzione di rafforzare le produzioni garantite dai marchi e disciplinari, garanzia per i consumatori oltre che per gli stessi allevatori. Lo abbiamo visto nel recente intervento Covid da 9 euro a capo per il 2020 e 2021, oltre al premio accoppiato di circa 6 euro ad agnello che ricevono gli allevatori ogni anno. In più, i costi di certificazione vengono interamente rimborsati dalla Regione con la misura 3.1 che finanzia i sistemi di qualità e certificazione.
Il Contas, negli ultimi anni ha acquistato reputazione, credibilità e autorevolezza. E’ presente, per la prima volta, nelle più importanti fiere internazionali; ha lavorato e sperimentato nuovi tagli che da una parte valorizzano tutta la carcassa e dall’altra rispondono alle nuove esigenze del mercato e per una shelf life più lunga conservando le stesse caratteristiche qualitative; inoltre ha promosso e sottoscritto accordi con la grande distribuzione consentendo al marchio dell’agnello di Sardegna Igp di essere presente nel 90% delle più importanti insegne nazionali.
“Il tassello mancante sono i circa 240mila agnelli che ancora non sono marchiati Igp – afferma il presidente del Contas Battista Cualbu -. In questi anni abbiamo dimostrato di saper fare squadra e di credere nel marchio Igp. Ma adesso dobbiamo fare il salto di qualità, rafforzando la filiera e rispondendo al mercato che chiede solo ed esclusivamente Igp, concentrando le nostre energie per smascherare e isolare chi invece cerca di imitare e spacciare altri agnelli come sardi e Igp”.
Dai dati Uvac 2019 risultano arrivati in Italia dagli Stati membri circa 1milione di agnelli vivi. Dai dati Bdn, gli ufficiali sulle macellazioni, ne risultano macellati in Italia provenienti dagli Stati membri la metà, circa 500mila: per questo il ministero della Salute ha richiesto da gennaio 2021 per la registrazione in BDN delle macellazione di ovicaprini provenienti da Stati Membri, l’inserimento del certificato TRACES, così come già previsto per i bovini.
“Sono queste zone d’ombra e queste interruzioni di tracciabilità che dobbiamo combattere – evidenziano dal Contas -, facendo forza anche sulle nuove armi che abbiamo a disposizione come la norma sulle pratiche sleali e speriamo presto anche la legge Caselli che finalmente punirà severamente chi si macchia delle frodi”.