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domenica, 22 Dicembre 2024

Le tre varianti del coronavirus: ecco cosa sono e perché possono essere pericolose

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Lo studio delle nuove varianti del virus SARS-COV-2 è uno degli strumenti più importanti della lotta al Covid-19. Studiare le varianti significa sequenziare il genoma del virus, ricostruirne l’evoluzione, individuare e studiare la presenza di mutazioni, nonché comprendere gli effetti delle varianti sulla trasmissibilità e gravità della malattia e sull’efficacia di vaccini e terapie. Il virus ha una certa capacità di mutare, cioè di presentare alterazioni nella sua sequenza genetica, da cui dipende la trasmissibilità e la gravità della malattia che quel virus trasmette. Questa capacità di mutare è più elevata nei virus dell’influenza e nell’HIV, ed è minore, ma comunque rilevante, nel virus chiamato SARS-COV-2, responsabile del Covid-19.

Il virus può mutare nel momento in cui viene trasmesso di persona in persona, a causa di errori casuali nella replicazione del suo codice genetico. Maggiore è la diffusione del virus tra la popolazione, maggiori sono le probabilità che il suo codice muti. Quando si ha una o più mutazioni nella sequenza genetica del virus, si parla di nuove varianti che sono, quindi, tantissime, ma non tutte allo stesso modo significative. Alcune varianti possono risultare più adatte a certi ambienti e trasmettersi con più facilità nell’organismo: avviene così una selezione delle mutazioni più efficaci e quindi un diffondersi più rapido di nuove varianti. Non siamo noi a causare le mutazioni, ma il nostro comportamento può essere decisivo nel facilitare la trasmissione del virus e la produzione di nuove mutazioni. Il miglior modo per prevenire l’insorgere di nuove varianti è evitare i contagi, non far circolare il virus, a prescindere dalla gravità dei sintomi.

Esistono quindi centinaia di varianti di SARS-COV-2 La maggior parte delle varianti possono avere rilevanza nulla perché contengono mutazioni che non hanno alcun impatto nel trasmettere la malattia o nel renderla più pericolosa. Altre sono di un certo interesse dal punto di vista epidemiologico, immunologico o patogenico perché producono effetti significativi nel modo in cui il virus si trasmette o nel provocare una malattia di tipo più grave. Attualmente, le varianti di maggiore interesse e preoccupazione sono tre:

1. La variante inglese (Variant VOC 202012/01, lineage B.1.1.7), osservata per la prima volta nel Regno Unito e diffusa già in 70 paesi, ha la caratteristica preoccupante di una maggiore trasmissibilità, anche se non ci sono sufficienti studi per dimostrare anche una maggiore gravità della malattia originata da questa variante. Anche per quanto riguarda il vaccino, sinora non sono stati osservati cambiamenti nell’efficacia dei vaccini adoperati (Pfizer e Moderna), sebbene si tratti di indagini preliminari e siano necessari ulteriori studi.

Diffusione della variante inglese nel report settimanale WHO del 25/01/2021

2. La variante sudafricana (Variant 501Y.V2, lineage B.1.351), osservata per la prima volta in Sudafrica, è presente ora in 31 paesi e attira l’attenzione dei ricercatori per la possibile capacità di sfuggire alla neutralizzazione degli anticorpi. Vi sono studi in atto per comprendere se vi è correlazione tra questa variante e i casi di reinfezione anche se, attualmente, il rischio di reinfezione vale in generale per diverse varianti del virus e non ci sono prove che nel caso della variante sudafricana vi sia un rischio maggiore. Questo avrebbe, in certa misura, ripercussioni anche sull’efficacia dei vaccini, ma le indagini sull’efficacia di questa variante sui vaccini richiedono maggiori approfondimenti su più ampia scala.

Diffusione della variante sudafricana nel report settimanale WHO del 25/01/2021

3. La variante brasiliana (Variant P.1, lineage B.1.1.28), osservata in Brasile e presente in 8 paesi, desta preoccupazione per gli stessi motivi delle precedenti varianti; si osserva la possibilità di una aumentata infettività e di una resistenza alla neutralizzazione anticorpale, ma vi sono ancora troppo pochi gli studi relativi a questa variante

Diffusione della variante brasiliana nel report settimanale WHO del 25/01/2021

Un’altra variante degna di considerazione è quella che dagli umani è passata a un’altra specie animale, i visoni, osservata per la prima volta in Danimarca e che è la causa dell’enorme strage di questi animali avvenuta in Europa negli ultimi mesi. Non si osserva, attualmente, un ritorno di questa variante all’essere umano (https://www.who.int/csr/don/03-december-2020-mink-associated-sars-cov2-denmark/en/)

Cf. report settimanale del 27 gennaio 2021: https://www.who.int/docs/default-source/coronaviruse/situation-reports/20210127_weekly_epi_update_24.pdf

La.F.

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