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Quilo Sa Razza e il mondo dello spettacolo: “Resteranno solo macerie”

Quilo Sa Razza

Alessandro Sanna, in arte “Quilo Sa Razza”, uno degli artisti più conosciuti e influenti del panorama musicale sardo, lancia il suo grido di dolore per la condizione disastrosa in cui versa il mondo dello spettacolo a causa dell’emergenza Covid.

“Questa che arriverà sarà la seconda estate senza musica e concerti, eventi di ogni tipo – queste le parole di Quilo Sa Razza – credo che stiamo arrivando al capolinea. È notizia certa che la fiera di Francoforte per la musica, la più grande in Europa è una delle tre più grandi e importanti al mondo che di solito veniva svolta a fine marzo è stata rinviata al 2022. Resteranno solo le macerie. Si devono trovare soluzioni per salvare il salvabile diversamente in tanti lasceranno la musica, lo spettacolo”.

Abbiamo deciso di chiamare Alessandro per farci raccontare in prima persona cosa significhi essere artisti e vivere di quel lavoro (perché l’arte e la musica sono una fonte di reddito per tante persone, anche se molti lo dimenticano) durante una pandemia che di fatto ha azzerato gli eventi con il pubblico. Quilo Sa Razza può vantare una carriera di 30 anni nel mondo della musica, tra dischi di successo e il progetto Nootempo Sardinia indie Factory (www.nootempo.net

). Tra le produzioni della factory si annoverano dischi di artisti di rilievo. Quilo è in costante contatto con decine di altri artisti e si fa megafono di una “denuncia sociale” che probabilmente è passata sotto silenzio per troppo tempo.

“Il settore dello spettacolo, non solo della musica, ma di chiunque faccia arte e cultura in qualsiasi forma – spiega Quilo Sa Razzaè quello più colpito dalla pandemia. Molto più colpito di altri settori che, anche se in forma limitata e ridotta, hanno potuto continuare a lavorare. Ma arte, spettacolo, sagre, presentazioni sono state completamente annientate dalle restrizioni”.

Tutto il mondo del lavoro attraversa un periodo difficile, con una crisi globale senza precedenti, ma è superfluo dire che chi ha bisogno di un pubblico non può lavorare. E questa situazione dura da marzo 2020, quasi un anno. Immaginate, un anno senza lavorare per migliaia di persone: l’arte e la cultura non sono fatte solo dai frontman, ma anche tutte le maestranze e i servizi che ruotano attorno a un concerto a un evento. Senza contare gli artisti di strada e le persone che non hanno altre fonti di reddito.

“Dopo un anno di chiusure, non è stata prevista alcuna soluzione per far lavorare il nostro mondo – rimarca Quilo Sa Razza Dopo un anno non si è studiata una soluzione nemmeno per aprire i teatri, in sicurezza, con pubblico ridotto e contingentamento. Però se si fa il Festival di Sanremo con il pubblico, significa che è possibile farlo. La politica deve dare risposte”. Eppure la politica sembra non essere all’altezza del momento storico. “Noi siamo muti: il silenzio regna sull’Isola. Sono stati cancellati anche eventi come i carnevali e le sagre che fanno lavorare tecnici audio, impianti luci, i service. In zona gialla servirebbe un minimo di alleggerimento per far ripartire in sicurezza arte e musica”.

E se è vero che per chi ha dovuto abbassare le serrande sono arrivati i “ristori” dallo Stato, è anche vero che per gli artisti, fermi da 10 mesi con la breve e limitata parentesi estiva, si è trattato di cifre irrisorie.

“Arte, cultura e spettacolo sono state ristorate in maniera ridicola – accusa Quilo Sa Razza – senza tener conto che si tratta di un settore legato a tutti gli altri importantissimi segmenti trainanti dell’Isola: turismo, ristorazione, sagre, in cui l’intrattenimento fa parte dell’offerta al pubblico. Il covid per molti è stato il colpo di grazia. Noi artisti non abbiamo bisogno di elemosine, ma di poter lavorare in sicurezza. Le istituzioni, dal Governo ai Comuni, non si prendono responsabilità e preferiscono chiudere tutto, al posto di trovare soluzioni. Sarebbe auspicabile un nuovo modo di affrontare il problema, anche da un punto di vista comunicativo, penso anche ai media e ai giornali, per ridare speranza”.

Ed è quello che la nostra redazione sta provando a fare in queste settimane, dando voce a chi questa crisi la sta vivendo sulla propria pelle e a chi cerca di trovare alternative, oppure semplicemente prova a farsi sentire, come i ristoratori che aderiscono all’iniziativa #ioApro o gli artisti che cantano il loro dolore.

“Non si può criticare il sistema senza essere tacciati di essere negazionisti – riflette Quilo Sa Razzama spesso si travisa di proposito il discorso. Nessuno dice che il problema non esista, ma che non viene gestita una situazione drammatica. Non si trovano soluzioni ai problemi di una fetta di popolazione che è stata abbandonata dalle istituzioni. Non solo gli artisti, ma sono migliaia le persone rimaste senza lavoro e senza reddito. Poi è giusto condannare i comportamenti sbagliati e gli assembramenti, ma non è corretto nemmeno l’immobilismo o l’ipocrisia: non mi consenti di lavorare in un teatro contingentato ma consenti la folla alla posta o nei supermercati. La politica deve dare risposte coerenti”.

Il problema, inoltre, non è solo economico, ma anche sociale. E lo scotto da pagare sarà altissimo. “Ci stanno dicendo di cambiare lavoro – attacca Quilo Sa Razzae di cancellare una categoria. Gli artisti lavorano e sono una parte importante del tessuto sociale di un paese. Rischiamo di perdere un patrimonio culturale enorme, perché in tanti saranno costretti a smettere di fare arte e musica e cercare lavoro altrove. Forse si salverà chi oltre alla musica fa anche altri lavori, o chi faceva qualche serata nei locali. Ma chi vive di arte è destinato a morire”.

E se la tecnologia ci ha aiutato ad andare avanti in tempo di pandemia, non può essere la cura di tutti i mali. “Lo streaming non è la soluzione a tutti i problemi. Nessuno paga per uno spettacolo in streaming, è innaturale. È un po’ come andare al ristorante in streaming: manca la materia prima, manca il contatto, mancano le emozioni. Manca la funzione sociale dell’evento in presenza”.

Lo streaming dunque è uno strumento in più, ma non può sostituirsi ai concerti live. Purtroppo al momento tutta la classe politica sembra distratta da altri problemi e il mondo dell’arte in tutte le sue declinazioni non sembra essere una priorità.

“Siamo soli. Questa pandemia, forse, ci insegnerà a fare sistema come categoria” conclude Quilo Sa Razza.

Noi non possiamo fare altro che ringraziare Alessandro per averci dedicato il suo tempo e aver affidato alle nostre pagine la sua riflessione, consci del fatto che sia solo un piccolo sasso lanciato in un oceano. Speriamo che questo articolo possa essere, magari, un pesciolino capace di viaggiare lontano e smuovere la superficie di questo mare che sembra immobile.

A tutti gli artisti della Sardegna va il nostro abbraccio e la nostra solidarietà, oltre alla massima disponibilità per mettere il nostro spazio a loro disposizione di chi voglia raccontarci la propria storia o un nuovo punto di vista.

Simone Usai

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