Un video girato in via Dante a San Gavino Monreale qualche giorno fa. Come si vede dalle immagini, si tratta di una clip girata dopo il taglio dell’erba (post-lockdown, a cui dovrebbe deve aver fatto seguito la pulizia delle aiuole).
Ecco come si presentano, a distanza di pochi giorni, le aiuole e i marciapiedi. Si capisce, dunque, che il problema è duplice: per primo, la manutenzione deve essere costante, quasi giornaliera, da parte dell’Amministrazione Comunale, per tenere tutto “presentabile”. Il secondo problema, più difficile da eradicare ma non meno importante, è l’educazione civica, che continua a mancare. E non si tratta solo dei giovani, è un problema che affligge persone di ogni età, talvolta insospettabili.
Notiamo, e viene sottolineato da alcuni nostri lettori, che molti (forse troppi) nostri concittadini invocano l’utilizzo delle telecamere come strumento di prevenzione e identificazione degli incivili. Questo capita anche fuori da San Gavino Monreale: non rincuora il “mal comune, mezzo gaudio”, anzi, preoccupa.
Proviamo a spiegarci. Veniamo da un periodo in cui abbiamo visto contrarsi (seppur per un periodo di tempo limitato, e per una causa inedita di salute pubblica) le libertà personali. Aggiungere un sistema pubblico di videosorveglianza, che indiscriminatamente controlla persone per bene e delinquenti, da un lato può essere utilissimo a prevenire alcuni reati, dall’altro pone sotto l’occhio del “Grande Fratello” tutte le persone che decidono di sostare nelle piazze e nei parchi.
Certo, se non si commettono illeciti, non c’è nulla di cui preoccuparsi, direte. Invece, a una persona onestissima potrebbe non far piacere essere osservato (da chi, poi?) perché magari nello stesso giorno, qualche minuto più tardi, qualcuno ha abbandonato delle bottiglie di vetro. Alle telecamere (ma quante ne servirebbero per coprire capillarmente il paese, e con quale costo di installazione e manutenzione?) preferiamo i corsi (obbligatori) di educazione civica per gli studenti, e sistemi di controllo e presidio del territorio più “umani”. Siamo persone, non robot.
Abbiamo passato settimane a “combattere” i pregiudizi verso l’app “Immuni”, tacciata senza motivo di essere un pericolo per la privacy, e adesso siamo disposti a rinunciare alla nostra riservatezza per motivi molto meno “pericolosi” di una pandemia? In maniera uguale e contraria abbiamo combattuto la battaglia con le stesse persone che invece chiedevano a gran voce una lista pubblica dei contagiati dal virus, in nome di una non si sa bene quale “sicurezza aggiuntiva” rispetto ai protocolli dell’ISS.
Insomma, dopo l’emergenza coronavirus, che ha messo a nudo le difficoltà di tutte le amministrazioni locali (erba alta, sporcizia, ripartenza lenta, progetti “Lavoras” bloccati, uffici tecnici in smart working, etc) emergono tutte le contraddizioni di un popolo che ha bisogno di tornare presto alla normalità ma non riesce a farlo.