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Mobbing, i 7 parametri individuati dalla Corte di Cassazione e la documentazione utile ai fini della prova

Mobbing

Con il termine mobbing s’intende il comportamento del datore di lavoro (o dei suoi dipendenti) volto a perseguitare un dipendente per emarginarlo. Lo scopo è quello di ledere la sua dignità umana e professionale, spesso al fine di spingerlo a presentare le dimissioni. Quando il mobbing è realizzato da un superiore è anche definito “bossing”.

Al riconoscimento giudiziale del mobbing è correlato il diritto del lavoratore a vedersi risarcito il danno biologico causato dalla condotta vessatoria.

Anzitutto è bene dire che non tutti i comportamenti vissuti come vessatori dai lavoratori rientrano nella casistica del mobbing e che del termine mobbing negli ultimi anni è stato fatto un vero e proprio abuso.

La Suprema Corte di Cassazione con la Sentenza n. 10037/2015, ha provato a fare chiarezza sul punto offrendo il «metodo» per scoprire se il lavoratore ha diritto ad ottenere un risarcimento da parte del proprio datore.

Secondo la Suprema Corte le vessazioni devo avvenire sul luogo di lavoro e in esse devono ricorrere tutti e sette i seguenti parametri:

La giurisprudenza intervenuta sul tema, ha evidenziato che in materia di mobbing il soggetto danneggiato non dovrà dimostrare la colpa del datore di lavoro ma dovrà fornire la prova degli elementi costitutivi delle condotte vessatorie. Il problema della prova è certamente quello più difficile ed insidioso da affrontare per il danneggiato il quale potrà avvalersi anche della prova induttiva ex art. 2729 c.c. derivante dagli indizi gravi, precisi e concordanti,

Tra la documentazione da esibire e produrre al Giudice è inoltre vivamente consigliato allegare una relazione medico legale nonché una relazione di un Centro Mobbing istituito presso le Asl.

Per maggiori informazioni: Studio Legale Di Salvatore

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