La Sardegna deve ancora affrontare il picco del contagio da Covid-19 (previsto nei prossimi giorni, ma di cui ancora si ignora la portata) e l’Ordine dei Medici di Cagliari, Oristano e Nuoro lancia l’allarme sulla tenuta del sistema sanitario regionale in una lunga lettera che vi proponiamo.
“Sul front-office della prevenzione individuale – scrivono Raimondo Ibba, Antonio Sulis e Maria Giobbe, presidenti rispettivamente dell’ordine dei Medici di Cagliari, Oristano e Nuoro – il sistema di tutela dal virus e di prevenzione dalla malattia continua ad essere carente, e ciò espone medici e cittadini al rischio di contrarre l’infezione”.
“Se dovesse davvero arrivare il picco – proseguono i tre presidenti -, ci auguriamo che la ‘faraonica’ organizzazione predisposta dalla regione (agli inizi del fatto era stato dichiarato che ‘saremmo stati capaci di governare 110.000 casi!’) sia in grado di reggere l’urto. Il dubbio è legittimo dato che non si è riusciti neppure a mettere a disposizione di medici e infermieri i necessari DPI, mascherine e guanti soprattutto, e non si è proceduto alla sanificazione preventiva degli ambienti di lavoro, in particolare quelli in cui si concentra maggiormente il rischio della presenza del virus, guardie mediche comprese, non è in atto alcuna iniziativa concreta sulla individuazione dei portatori asintomatici, non è stata data alcuna indicazione comportamentale specifica alle strutture sanitarie private, sia in forma societaria che in forma individuale, come se attraverso queste sedi del SSR il virus non potesse essere presente”.
Inoltre rimarcano che “a distanza di ormai troppi giorni non si vedono iniziative tendenti a colmare i buchi esistenti della prevenzione primaria e secondaria. Non possiamo considerare soddisfacente la giustificazione ‘non abbiamo mascherine perché non ce ne mandano, nonostante le nostre richieste’. Rifiutiamo e respingiamo la logica della rassegnazione, questa questione non può ricadere sulla pelle delle persone e dei medici, che ancora oggi, a distanza di due settimane dalla esplosione ufficiale della epidemia, continuano a operare in condizioni di massima insicurezza”.
“Insistiamo – proseguono Raimondo Ibba, Antonio Sulis e Maria Giobbe – nel richiedere la sanificazione di tutti gli ambienti in cui si svolga assistenza alle persone e che ad ogni operatore sanitario sia eseguito il tampone rino-faringeo e venga dotato dei DPI necessari a contenere l’onda d’urto dell’infezione”.
“Il tentativo di mettere il silenziatore alla professione ha già registrato un effetto negativo nei primi anni ’50 del secolo scorso – si legge poi nella nota diretta ai medici dipendenti, in riferimento alla direttiva del “silenzio stampa” intimato al personale sanitario dai vertici regionali -. Da allora il pensiero unico non ha avuto una buona sorte. Né noi medici possiamo essere accusati di non essere solidali col sistema che opera a favore delle persone e nel loro interesse di vita. Quindi si ritiri questa vergogna e si vergogni chi l’ha disposta. Ma i colleghi dicano e comunichino a noi (con notizie precise e documentate). Sarà l’Ordine la loro voce. Saremo noi ad annunciare ciò che ai nostri medici viene impedito”.