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Il Coronavirus visto da un bambino sardo: “Etciù”, poesia per esorcizzare la paura

Etciù

In queste ore stiamo leggendo del decreto legge che di fatto blinda la Lombardia e altre 14 province fino al 3 aprile, e con sgomento attendiamo le notizie che riguarderanno la Regione Sardegna.

Dopo i casi “vicini” a noi, come quello di Sardara, e con l’ospedale di San Gavino Monreale che si sta attrezzando ad affrontare un eventuale focolaio, è sempre più complicato riportare con distacco le notizie che riguardano il Covid-19 e le implicazioni nella vita sociale delle nostre famiglie, bambini compresi.

Proprio ai più piccoli è difficile raccontare questa crisi sanitaria globale, uno scenario da film a cui nessuno di noi era pronto e che deve trovare la giusta “narrazione” per evitare di spaventare i nostri ragazzi. Anche le scuole, seppur chiuse, si stanno mobilitando per rimediare a questa situazione di grande incertezza, dando compiti a distanza e invitando i bambini a parlare del Coronavirus. Compiti a casa, filastrocche e pensieri, per esorcizzare la paura.

Come la poesia del piccolo Diego di Ortueri, rimasto a casa come tantissimi bambini in tutta Italia.

“Etciù! Basta uno starnuto
e tutti scappan via,
un bacio o una carezza
e dritti in farmacia.

Ti chiamano corona
ma tu non sei un re,
sei un virus prepotente
che non vale un granché.

Dicevano ‘in Sardegna non arriverà’
e invece, guarda un po’, eccoti qua!
Fai un po’ paura ma forse non sai
che lotteremo finché non sparirai.

E anche se non è più carnevale
una mascherina dobbiamo indossare.
Pensiamo all’igiene e ci laviam le mani
e cerchiamo anche di stare lontani.

Facciamo di tutto per non farci acchiappare
e tu, virus, non riuscirai a infettare.
La nostra Italia si salverà
e un bel lieto fine ci sarà”.

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