Marco Sebis è il primo uomo al mondo ad aver concluso un Ironman (quello di Francoforte) pur essendo affetto da diabete e da sclerosi multipla. Premiato come Personaggio dell’anno al Galà del triathlon: “A volte uscivo per allenarmi e dovevo trascinarmi la gamba, ma mi sentivo così vivo, così forte, che non ci avrei rinunciato per nulla”.
Festeggiare la “triplice”. In un modo tutto particolare. Ecco cos’è il galà del triathlon. Prima di tutto una festa della vita, non un inno all’agonismo e alla competitività, ma una celebrazione del sacrificio, della fatica, dell’impegno e della dedizione. Della determinazione.
È in linea con questo spirito che Dario “Daddo” Nardone, lui che del movimento del triathlon è sempre stato un collante importante, ci conduce, prendendoci più per il cuore che per mano, attraverso una serata dove ogni premiazione va a toccare corde di emozioni che strappano applausi a scena aperta, regalano brividi e provocano qualche lacrima.
Come succede con Anna Maria Mazzetti, che vince il premio Best Performance Donna. Anna Maria che, su un rettilineo di arrivo un po’ più lungo del normale, con sul volto una determinazione ruggente, strappa la vittoria e il nastro al fotofinish ad un’attonita atleta francese. Il video che documenta il momento e il suo sguardo determinato passa ancora e ancora sul mega schermo dell’Auditorium Testori di Palazzo Lombardia a Milano e provoca ogni volta risate, sorpresa, urla di gioia.
Come per Veronica Yoko Plebani, vincitrice del premio Paratriathlon: dopo una grave meningite nel 2011, oggi che a 21 anni, ha già partecipato a due paralimpiadi e nel paratriathlon, che pratica da poco più di un anno, si è aggiudicata un oro al Campionato Italiano e un oro al Campionato del Mondo. E non ha intenzione di fermarsi perché Veronica, con la determinazione dei suoi straordinari occhi celesti, ha messo nel mirino grandi obiettivi anche per il 2018.
E soprattutto come succede a Marco Sebis, straordinario guerriero sardo premiato come Personaggio dell’Anno, che è il primo uomo al mondo ad aver concluso un Ironman (quello di Francoforte) pur essendo affetto da diabete e da sclerosi multipla. Marco ha nuotato per 3,8 km, pedalato per 180 km e corso la distanza della maratona (42 Km) in 14 ore, 18 minuti e 48 secondi e ha alzato le braccia sotto il grande M DOT.
Marco ci racconta che all’ultimo giro, quando mancavano poco meno di 10km all’arrivo, ha chiesto a sua moglie l’insulina. Sua moglie, una donna straordinaria quanto lui, gli ha detto che poteva fermarsi se non si sentiva bene. La risposta di Marco è la stessa di molti altri Ironman che ho conosciuto, ma è straordinaria per la particolarità del suo caso: “Tu vai sulla finish line e aspettami. Io arrivo. A costo di strisciare. Io quella medaglia la voglio per me”.
La preparazione è stata lunga e talvolta faticosa, ogni tanto le sue gambe, per via della sclerosi multipla, lo hanno fatto impazzire. “A volte uscivo per correre e dovevo trascinarmi la gamba, ma mi sentivo così vivo, così forte, che non ci avrei rinunciato per nulla al mondo”.
E quando gli chiedo come si senta ora che non solo ha raggiunto il suo obiettivo, ma ha anche vinto il premio di personaggio dell’anno, mi dice che ancora non ci crede: “A volte devo darmi dei pizzicotti, come se tutto questo non stesse capitando a me. Ma sono felice anche perché in tanti mi scrivono, tanti che sono affetti da sclerosi multipla e che nascondono la loro condizione. Io dico a tutti di non farlo, che la malattia non è una vergogna e che bisogna combattere”.
Sembra naturale la conclusione della serata con il premio Over the Top al grande Alex
Zanardi. Non solo un atleta straordinario, ma un uomo in cui il solo limite sembra essere il cielo. Perché per essere triathleti, come dice lui, bisogna amarlo questo sport, fino in fondo, tre volte tanto.
Articolo di CATERINA VACCHI – La Repubblica