“È necessario stare sui territori, incontrare gli operatori per raccogliere di prima mano le richieste e capire le criticità. Con il contatto diretto si prendono di petto i problemi studiando assieme le soluzioni, costruendole all’interno del quadro normativo e della disponibilità finanziaria”. Così Caria nell’apertura del suo intervento nella sala consiliare di Turri.
Dagli allevamenti dei suini all’agrumicolo, dal comparto lattiero-caseario caprino all’ortofrutticolo passando per il cerealicolo e il florovivaistico. Queste le tappe che l’assessore dell’Agricoltura, Pier Luigi Caria, ha fatto ieri in un lungo tour nei territori del Medio Campidano fra San Gavino Monreale, Villacidro, Serramanna e Turri, dove in serata si è tenuto un incontro-dibattito con cittadini, amministratori locali e imprenditori dedicato alla storica coltura del grano che caratterizza la tradizione agricola della Marmilla.
“È necessario stare sui territori, incontrare gli operatori per raccogliere di prima mano le richieste e capire le criticità. Con il contatto diretto si prendono di petto i problemi studiando assieme le soluzioni, costruendole all’interno del quadro normativo e della disponibilità finanziaria”. Così Caria nell’apertura del suo intervento nella sala consiliare di Turri dove si è tenuto l’incontro “La filiera cerealicola in Sardegna tra innovazione e multifunzionalità”. I lavori, organizzati dall’Agenzia Laore Sardegna e dall’amministrazione comunale, si sono aperti con i saluti del sindaco, Martino Picchedda, e dei tre direttori generali delle Agenzie agricole regionali Laore, Maria Ibba, Agris, Roberto Zurru, e Argea, Gianni Ibba. Oltre l’alto profilo tecnico e scientifico di alcuni interventi che hanno fotografato lo stato di salute del comparto, hanno dato un particolare valore aggiunto all’incontro le testimonianze degli imprenditori con esperienze dedicate alla valorizzazione della biodiversità piuttosto che al marketing o alla coltivazione di alcune tipicità di grano duro come il Senatore Cappelli.
“La finanziaria 2017 ha inserito circa 500mila euro per il settore cerealicolo – ha spiegato Caria – e con Argea stiamo concludendo un monitoraggio per individuare altre risorse con cui accompagnare la filiera. Siamo in via di chiusura del bando sui Progetti integrati di filiera (PIF) a cui abbiamo già affiancato e fatto partire le misure del PSR dedicate all’innovazione, passaggio fondamentale che mette assieme le buone pratiche degli imprenditori con quelle raggiunte dalla ricerca delle Università e di Agris”. “A breve – ha concluso l’assessore – partiremo con un altro bando dedicato proprio all’agricoltura di precisione, che permetta al nostro mondo delle campagne di crescere mettendo a sistema le migliori tecniche per ridurre i costi nei percorsi di filiera. Solo così possiamo ambire a costruire una agricoltura produttiva che possa creare nuovo sviluppo e occupazione”.
Il grano duro. Le superfici coltivate a grano duro in Sardegna mostrano una tendenza alla contrazione a partire dalla fine degli anni cinquanta. Nel quadriennio 1959–1962 venivano coltivati in media circa 185mila ettari, mentre nel periodo 1999-2002 la superficie coltivata era scesa attorno agli 83mila ettari. Negli stessi periodi, le produzioni sono passate da 1milione 172mila quintali a 1milione 90mila. Questa tendenza alla riduzione delle superfici è proseguita dal 2003 sino ai giorni nostri a causa di una modifica sostanziale della PAC e per effetto dei livelli molto bassi del prezzo del grano duro sui mercati mondiali. Tale contrazione è particolarmente visibile nelle annate agrarie 2009/2010 e 2010/2011 con valori rispettivamente di 24.532 e di 37.043 ettari. Nell’ultimo triennio, le superfici coltivate si sono attestate su un valore medio attorno ai 37.500 ettari. Secondo le statistiche elaborate sull’ultimo trentennio, vengono prodotti annualmente nell’Isola circa 1,2 – 1,5 milioni di quintali di granella, per una PLV (Produzione lorda vendibile) che oscilla tra i 18 e i 30 milioni di euro, variabile con l’annata e la quotazione del grano duro sui mercati internazionali.
La riduzione delle superfici e delle produzioni è tuttavia parzialmente controbilanciata da un sensibile incremento delle rese per ettaro soprattutto negli ultimi anni. Una tendenza imputabile a diversi fattori, tra i quali: l’abbandono dell’attività produttiva delle aziende meno strutturate e con minore superficie; la concentrazione della coltivazione sui terreni maggiormente vocati e da parte di imprenditori più preparati e meglio motivati. Questi ultimi mostrano una maggiore attenzione a tecniche agronomiche più consone agli ambienti pedoclimatici dell’Isola e alla scelta di genotipi meglio adattati alle diverse condizioni di coltivazione. Si ritiene infatti che un programma di sviluppo e rilancio del comparto del grano duro debba necessariamente basarsi su tecniche agronomiche razionali e scelta varietale.
Territori vocati alla coltivazione. Fino ai primi anni del dopoguerra, la coltura del grano duro era diffusa su quasi tutto il territorio regionale. A partire dagli anni sessanta, la coltura si è via via concentrata sugli areali a maggiore vocazione sulla base delle potenzialità produttive. Nello specifico, le regioni storiche di maggiore interesse sono Marmilla, Trexenta, Campidano di Cagliari e Oristano, Anglona e Nurra. In queste aree è possibile avere rese elevate e buoni livelli qualitativi anche in annate non favorevoli. Pertanto, la coltura del grano duro ha tuttora interesse primario per qualsiasi programma di sviluppo del comparto agro-alimentare