Tra gli anni ’80 e ’90 uno dei luoghi di aggregazione giovanile più frequentato del paese era senza dubbio il campo da calcio a 5 in via Goldoni.
Intere generazioni di ragazzi sono cresciuti su quel campo in cemento, intere mattine e soprattutto pomeriggi, dopo la scuola, giocando con la formula “chi vince sfida”. Una regola non scritta, che metteva d’accordo tutti: essendo un campo “libero” i ragazzini di allora avevano escogitato un sistema funzionale per spartirsi gli spazi comuni.
In quelle lunghe ore passate sul campo, o sulle panchine in attesa del proprio turno per sfidare i campioni in carica, sono nate moltissime amicizie. Senza adulti a regolamentare la priorità di questa o quella squadra, senza le amministrazioni locali ad aggiungere burocrazia inutile, senza spese per i ragazzini di allora (e quindi senza pesare sulle famiglie).
Quel piccolo angolo felice di una San Gavino Monreale in cui molti giovani morivano per droga, dava un’alternativa alla noia e alla depressione (non dimentichiamo che San Gavino è sempre stato un paese con un’altissima incidenza di suicidi).
Oggi quello spazio non esiste più, smantellato incautamente da chi ha realizzò l’anfiteatro (inaugurato nel luglio 2011 ma mai realmente utilizzato).
E così i giovani di oggi, per dare quattro calci a un pallone, sono costretti a cercare altri spazi. Non si può certo giocare per strada, in mezzo a un numero sempre crescente di automobili e di cittadini sempre meno tolleranti al rumore. Chi non vuole iscriversi a una scuola calcio o chi non può permettersi di pagare l’affitto di un campo privato non ha alternative.
Qualche ragazzo scavalca il cancello delle scuole medie (cose che si facevano anche negli anni ’90, quando il cancello di via Goldoni era chiuso e non si voleva rinunciare a giocare), per sfruttare “gratuitamente” il campo sull’asfalto del piazzale. Eppure, come ci raccontano diversi genitori, i ragazzi sono stati mandati via diverse volte dai Carabinieri o dai Vigili Urbani.
Premesso che le forze dell’ordine svolgono il proprio lavoro, facendo rispettare la Legge, sarebbe probabilmente opportuno, da parte dei nostri amministratori, un piccolo “ritorno al passato”.
Al di là della burocrazia (e del moderno spauracchio verso le responsabilità civili, che limitano sempre più l’operato delle amministrazioni locali, restringendo al “non si può fare” qualsiasi tentativo di innovazione sul territorio) resta incomprensibile il non accorgersi del grandissimo bisogno di spazi gratuiti (o meglio, finanziati con le nostre tasse) da dedicare ai giovani, per allontanarli dalla noia e dai pericoli ad essa connessi.
Droga, teppismo, alcool, isolamento, sono solo alcuni dei nemici sconfitti dalle amicizie sane nate sui campi sportivi.
Compito di chi ci amministra sarebbe favorire la nascita di nuove occasioni di aggregazione e amicizia: ci piacerebbe poter sentire i nostri figli raccontarci, entusiasti, di quella sera in cui hanno vinto tutte le partite e sono tornati a casa stremati da ore ininterrotte di calcetto.
Davvero un anfiteatro mai utilizzato è meglio di un campo da calcetto aperto a tutti? Meditate, amministratori sangavinesi, meditate.