Il sangavinese Franco Melas, conosciuto sia per i tanti anni passati tra i banchi e le palestre scolastiche nelle vesti di professore, sia per le sue imprese sportive, ancora una volta balza agli onori delle nostre cronache per aver ricevuto una delle più importanti tra le onorificenze civili.
Franco Melas è infatti stato insignito del titolo di Cavaliere della Repubblica Italiana.
Istituito con la legge n. 178 del 3 marzo 1951, l’Ordine al merito della Repubblica nacque con lo scopo di «ricompensare benemerenze acquisite verso la Nazione nel campo delle lettere, delle arti, dell’economia e nell’impegno di pubbliche cariche e di attività svolte a fini sociali, filantropici e umanitari, nonché per lunghi e segnalati servizi nelle carriere civili e militari».
Nel caso di Franco Melas, il suo impegno nella divulgazione della cultura dello zafferano di San Gavino sia a livello nazionale che internazionale. Sono innumerevoli i contatti del professore con le più prestigiose Università di Spagna, Grecia e Argentina.
Il nome di Franco Melas è stato registrato all’Albo dei Cavalieri il 27 dicembre 2014, quando ancora il Presidente della Repubblica era Giorgio Napolitano. La consegna è avvenuta il 2 giugno 2015, per mano di Massimo Zedda, sindaco di Cagliari.
Il professore non ha nascosto un pizzico di emozione per il riconoscimento, pur sottolineando l’ironia del ricevere un’onorificenza da un Paese in cui fatica a riconoscersi. Franco Melas, che non hai nascosto le sue ideologie – politiche ed economiche – di sinistra, ha commentato così al suo rientro a casa.
Non avrei mai pensato di dover cantare un giorno l’inno nazionale con un pizzico di “intimo coinvolgimento ” toccato forse dalle belle parole di “compagno” Massimo Zedda, sindaco di Cagliari, in riferimento all’accoglienza riservata agli 880 migranti sbarcati a Cagliari l’altro giorno.
Abbagliato inoltre dal luccichio delle sciabole delle “alte uniformi” e sicuramente coinvolto dalla sincera commozione delle mogli degli altri dodici “conferendi”! Lontano anche il giorno di 50 anni or sono, quando giurando fedeltà alla Repubblica, giovane di leva irridevo alla cerimonia mordendo un tocco di cioccolato.
In particolare, riportiamo un frammento piuttosto sferzante del brano da lui proposto una volta rientrato a casa dopo la cerimonia. Sintomo di una forte coerenza intellettuale, nonostante il titolo appena ricevuto da quella stessa “Repubblica” che il professore critica aspramente.
Tutti hanno sempre meno diritti, in particolare i lavoratori, in un Paese nel quale si ritiene di combattere la precarizzazione e la disoccupazione privando i Lavoratori dei propri diritti , e nel quale il rapporto di lavoro sta a grandi passi ritornando quello prima della Legge 300 , anche detta statuto dei lavoratori (quella dell’art.18) ed i datori di lavoro stanno ritornando ad essere padroni. In questo paese martoriato, il Governo trova il tempo di fare le leggi perchè vi sia un perlomeno formale asservimento al Regime. E la Legge, si badi bene, è trasversale a tutti i Partiti, noi di fronte alle imposizioni di Legge, come fossimo alla corte di un re, i partiti e le formazioni politiche dietro l’unico sistema per rimanere Casta. Dunque tutti buoni, allineati e coperti, senza protestare, senza permettersi di esigere i propri diritti, bravi ubbidienti tutti in coro a cantare… allineiamoci, dunque. Stringiamoci….. a “corte”!