Dopo la caduta dell’Impero Romano d’Occidente (476 d.C.), e la breve esperienza dei Vandali, la Sardegna venne riconquistata dall’Impero Bizantino (VI secolo d.C.).
I nuovi dominatori trovarono, probabilmente, una situazione pessima dal punto di vista delle strutture e della demografia: dei tanti centri sparsi nel nostro territorio comunale, ne sopravvissero pochi (verosimilmente i più grandi come Cuccuru Casa, Ruinas Mannas, Ruineddas e Nurazzeddu). Per merito loro però il territorio venne ripopolato con coloni di provenienza greca.
Insediamenti che potrebbero essere stati creati dai greco-bizantini
furono diversi: di sicura attribuzione è il convento di Santa Lucia (IX – X secolo d. C.), monastero di regola Basiliana. Lo sappiamo perché sono presenti diversi elementi: prima di tutto l’intitolazione alla santa, poi alcuni elementi del chiostro (come i due mensoloni con pampini in rilievo) e le due lapidi commemorative, nelle quali si fa riferimento ad una comunità di origine greco-orientale in cui sono menzionati gli “uomini di Basilio ” e un certo “Aetione”.Il toponimo “Corte Sinnaregu” detto più correttamente “corti de sinnu aregu”, significa “corte del marchio greco”. Questa località poteva essere una corte per la marchiatura del bestiame, e non è da escludere che fosse il terreno in cui i monaci basiliani del convento di Santa Lucia tenevano il proprio bestiame.
Anticamente la zona pare fosse attraversata da una strada denominata “Sa bia de is paras” che, inoltrandosi nei territori di Sardara e di Pabillonis, venisse chiamata “Bia Aregus” (via dei greci).
Altro toponimo importante è “Gibaregus”, cioè “colle dei greci”: di questo sappiamo poco, perché non sono rimaste tracce materiali evidenti ma solo pietrame di crollo e frammenti di corredo funerario. Gli abitanti del villaggio medievale di Funtana Fenugu, nella chiesa di Santa Maria, si pensa fossero soliti venerare il culto greco di Nostra Signora d’Itria – detta anche Hodegetria.
Della presenza degli arabi abbiamo invece pochissime tracce: la tradizione afferma che l’origine della villa di San Gavino Monreale sia da imputare all’unione di tre centri – i già citati Nurazzeddu, Ruinas Mannas e Ruineddas – che per sfuggire all’invasione araba della Sardegna ad opera di Museto del 1015-1016, si siano riuniti attorno alla chiesetta di San Gavino Martire.
Quale che sia il motivo, ancora fino al 1206 era attestato il toponimo “Giba de Sarangis”, ovvero “colle dei saraceni”: situato in località Struvina, potrebbe essere stato il loro luogo di passaggio nel nostro territorio. Questo toponimo viene citato nel diploma di Guglielmo di Massa, come elemento del nuovo confine giudicale.
Alberto Serra
Per approfondire
AA.VV, Appunti storici su San Gavino Monreale, 1982.
CASTI A, Duecento toponimi, 1983.
CASTI A, Sa bidda de santu ‘Engiu, 1989.
CASTI A, Nòsu santuingèsus, 2003.