Dopo la nuova strage di migranti nel Mediterraneo, ANCI Sardegna (Associazione Nazionale dei Comuni Italiani) ha chiesto a tutti i sindaci della Sardegna di proclamare per domani 21 aprile 2015 il lutto cittadino in tutti i Comuni dell’Isola.
Le bandiere a mezz’asta in contrapposizione al cinismo regnante nel nostro (bel?) Paese, sopraffatto dall’intolleranza verso i migranti e verso lo “straniero“. Negli ultimi giorni si sono susseguiti (per le strade, sui social, sulla stampa e persino in Parlamento) commenti di persone che festeggiavano per la morte di centinaia di esseri umani, colpevoli di scappare dalla guerra, dalla fame e da una vita miserevole.
Non siamo qui per dare un giudizio o per dare risposte a una tragedia così grande. Non abbiamo l’autorevolezza né la competenza necessaria, e spesso un commento o un articolo commemorativo rischia di dare l’impressione di uno sciacallaggio mediatico al quale non vogliamo prendere parte.
Vi lasciamo quindi a una storia tutta Sarda, vi parliamo di un nostro conterraneo che – nemmeno così tanti anni fa – era da questa parte del Mediterraneo. Ma non aveva la fortuna che abbiamo noi, quella di essere nati e cresciuti nella Sardegna nel 2015.
“Su Grillu” era un pescatore, amava il mare e la libertà.
Una notte il cognato piombò in casa e trafelato lo avvisò che il giorno dopo i fascisti sarebbero arrivati a fargliela pagare cara. “Su Grillu” quella camicia nera non la voleva proprio indossare. E questa volta lo avrebbero ucciso.
Così caricò sulla sua barca i suoi pochi averi, i figli, la moglie incinta, il cane e nel buio guadagnò il mare.
Quando giunse dopo tanti giorni sulle coste della Tunisia fu accolto dai pescatori del luogo che lo aiutarono a seppellire la moglie. “Su Grillu” non volle mai più tornare in Italia, morì tunisino.
Vi tornò 50 anni dopo il nipote e quando i vecchi di Sant’Antioco lo videro iniziarono a piangere riconoscendo in lui il volto del nonno.
(Nostra patria il mondo intero)