Negli ultimi anni, a più riprese, abbiamo segnalato e documentato lo stato dei pali dell’illuminazione pubblica a San Gavino Monreale. Eppure, facendo mente locale, molti dei lampioni (quelli bianchi, per intenderci) non sono così vecchi, anzi. La mia generazione ha assistito all’installazione di molti di essi.
Il problema è che la ruggine ha attaccato irrimediabilmente il metallo, soprattutto alla base. Alcuni dei sostegni per le linee elettriche sono letteralmente “aperti”, sviscerati dalla corrosione degli elementi. E basta una giornata di maestrale per far temere la caduta di uno di questi pali.
A luglio scorso un palo è caduto su un’automobile parcheggiata in via Galilei, a ottobre è andato giù un lampione in via Tirso e quasi contemporaneamente un altro nella zona della nuova stazione, mentre a febbraio – pochi giorni fa – un altro sostegno ha ceduto, sfiorando una macchina in sosta in via Foscolo.
Tornando indietro nel tempo, andando a memoria e consultando i nostri archivi, abbiamo osservato che il fenomeno dei “pali cadenti”
ha registrato i primo campanello d’allarme già a gennaio 2011, con un lampione pubblico caduto in via Nuraci dopo un violento temporale.Da allora i casi si sono susseguiti, con grande preoccupazione dei cittadini sangavinesi, anche se per fortuna fino a oggi abbiamo registrato danni solo “alle cose” e non “alle persone”.
Eppure pensiamo, senza voler essere “uccelli del malaugurio” che sia il momento di intervenire e prendere provvedimenti tempestivi ed efficaci, prima di dover assistere a situazioni ben più drammatiche. Siamo ben consci del costo altissimo della manutenzione (o della sostituzione) dei pali ormai inservibili, eppure siamo anche convinti che ci sia il rischio concreto di spendere parecchi soldi anche in risarcimenti e cause, se non si corre ai ripari al più presto. Senza contare il costo incalcolabile della salute dei cittadini sangavinesi, qualora dovesse farsi male qualcuno.
La tragedia si è sfiorata anche nel campo da calcio fronte ospedale, dove alcuni alberi, sradicati dal vento, sono caduti in campo e sulle panchine. Per fortuna in quel momento non si stavano svolgendo allenamenti o partite.
Insomma, ogni volta che “fischia il vento e infuria la bufera” più che indossare scarpe rotte per “conquistare la rossa primavera”, i sangavinesi farebbero bene a indossare un elmetto protettivo.
Simone Usai, Comprendo