Della chiesa di San Gavino Martire, tutt’oggi inserita all’interno dell’Istituto delle Suore del Cenacolo Cuore Addolorato e Immacolato di Maria, e soprattutto delle raffigurazioni dei quattro peducci pensili dell’abside, si è detto e scritto tanto: sono tuttavia molte le meraviglie che si possono trovare all’esterno dell’edificio.
La chiesa, che ha subito diversi interventi che ne hanno modificato la struttura nel corso dei secoli, è grande 21.60 x 7.60 metri, e risale al XIV secolo (circa 1347 – 1387).
Appena superato il grande cancello iniziale, anche se non è più possibile avvistare la scalinata del sagrato, si vede il portone rettangolare; in alto, una piccola finestra circolare e – nella monofora del campanile a vela – si trova una piccola campana con su scritto: “xps rex venit in pace deus homo factus est mccccxxxiii barcolo deca obrarido goliano argantaro“. La dicitura reca in sé una preghiera nella prima parte, con la data del 1434 e poi la committenza (Bartolo De Eca operaio e Giuliano argentiere).
Nella seconda parte, più sotto, è presente una seconda iscrizione in caratteri gotici minuscoli, che riporta più volte la salutatio angelica ave Maria, oltre alle effigi di tre santi e le impronte di otto monete – verosimilmente alfonsini minuti – inserite in una cintura chiusa da una fibbia sagomata elegantemente.
Sulla facciata ci sono dei mascheroni scolpiti, che la tradizione attribuisce a is fradis pisanus, cioè le maestranze che eressero la chiesa. Risulta interessante il lato destro e il retro, benché nel lato sinistro venne sfondato il muro trecentesco per fare posto ad una porta e ad una finestra nell’abside.
Sul lato destro si aprono una piccola porta laterale (nel cui stipite si vede una figura ormai consumata dal tempo) e una finestra archiacuta; la finestra architravata è stata oggi obliterata: la stessa sorte toccò anche ad altre monofore che anticamente illuminavano l’interno. Usciti all’esterno si vede oggi il giardino, ma anticamente era presente il vecchio cimitero del villaggio, che venne usato fino al 1921, ma risalente al XIV secolo: da questo lato è possibile vedere, a poca distanza, la chiesa di Santa Severa.
Sul retro ci si ritrova all’esterno dell’abside: nei capitelli della bifora si trovano raffigurati Eleonora con i due figlioletti Federico e Mariano V; nell’altro peduccio della bifora è raffigurata – ormai consunta e rovinata dal tempo – una scena di caccia allegorica, in cui si individua un cane che tenta di afferrare una figura non identificabile e un uccello rappresentato più in basso: probabilmente doveva riprodurre la prigionia di Brancaleone Doria, tenuto in ostaggio fin dal 1384 dagli aragonesi.
Ultimo importante elemento è l’incisione del “piede del pellegrino”: questo simbolo veniva messo nei luoghi importanti, meta di costanti pellegrinaggi; la villa di San Gavino era posta sulla Bia Turresa – ovvero il tragitto che i pellegrini percorrevano per raggiungere la Terra Santa e altri luoghi chiave della cristianità – e questa chiesa, considerata anche cappella palatina, doveva essere un luogo di notevole importanza.
Alberto Serra
Per approfondire:
AAVV, Appunti storici su San Gavino Monreale, 1982.
SPIGA G, Guida al “pantheon” degli arborea a San Gavino Monreale, 1992.
CASTI A, Santu Aingiu martiri sa cresia de is Giugis de Arborea, 1999.