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Ballo sardo campidanese per tutti

A memoria d’uomo sono sempre esistiti due tipi di ballo campidanese, uno il vero ballo, descritto precedentemente su queste pagine, che richiedendo talento e caratteristiche fisiche particolari ovviamente non può essere ballato da tutti. Quindi spontaneamente ne è nato un secondo molto più facile e semplice che può essere ballato da tutti: persone non in perfetta forma, anziani e “imbranati” compresi (imbranati per il ballo ovviamente) ed è proprio per questo che tantissimi anni fa più che “ballo per tutti”

veniva chiamato “il ballo degli imbranati”.

Ballo sardo campidanese per tutti

I passi ricordano lontanamente quelli del primo, l’esecuzione è lentissima, i piedi sono distanti uno dall’altro (passi larghissimi) con conseguente sbandamento del corpo, tutto il contrario di come dovrebbe essere, in più ogni singolo si personalizza i passi vanificando la sincronia, insomma un vero disastro.

Di positivo c’è che può essere ballato da tutti, quindi permette a molte persone di divertirsi, di negativo c’è che essendo l’unico ballo sopravvissuto anche i giovani potenzialmente bravissimi che si avvicinano al ballo sardo vengono sacrificati ed appiattiti agli altri.

Di negativo c’è anche che ormai quasi la totalità dei gruppi folk

del campidanese ballano questo ballo dando uno spettacolo veramente triste, cercano di rimediare praticamente tutti con “su ballu cabillu” ballo semplicissimo saltellato, che una persona portata per il ballo impara in pochi minuti, purtroppo adatto solo ad un pubblico poco competente.

Quindi rinnovo l’appello per far rivivere il “vero ballo” proprio in questo paese che è il mio ormai da quarant’anni.

Per renderlo possibile ho realizzato un video di una piccola lezione di ballo sardo campidanese quello vero visibile su YouTube, mi limito ai passi base, solo nella parte finale ballo con la musica, io per il ballo sono vecchio, per questo i miei piedi restano spenti anche con la musica delle launeddas, quindi lo dovete immaginare ballato da giovani ballerini bravi.

Renato Cogoni

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