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giovedì, 26 Dicembre 2024

Gli autovelox sono la soluzione?

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È di questi ultimi giorni la notizia che a Cagliari e Quartu Sant’Elena verranno attivati i box per il rilevamento della velocità dei veicoli in transito sulla SS 554 e sulle principali dorsali del traffico dell’hinterland. Su giornali e televisioni locali si sono rincorsi avvertimenti ai pendolari e inviti da parte della Polizia Municipale a rallentare, per evitare multe salate.

Autovelox
Autovelox

Ma che senso ha davvero tutto questo? Personalmente ho una tesi, contestabile ma supportata da fatti, che ora proverò a illustrare.

Per legge gli autovelox dovrebbero fungere da deterrente all’alta velocità, ritenuta causa della maggior parte degli incidenti automobilistici. Per questo sono obbligatoriamente e opportunamente segnalati mediante cartelli e mappature sui siti istituzionali. Ma questo davvero contribuisce a far diminuire la velocità media degli automobilisti? La risposta è chiaramente, no.

Chi conosce l’esatta locazione di un autovelox rallenterà solo nel punto in cui si trova il box o la pattuglia, per poi accelerare nuovamente. Quindi si avrebbe un aumento della sicurezza, diciamo, nel raggio di circa cinquecento metri dall’autovelox. Voglio ancora essere ottimista e pensare che, quindi, gli autovelox verranno piazzati in zone in cui sono frequenti gli incidenti causati dall’alta velocità oppure in tratti di strada particolarmente pericolosi (svincoli, incroci a raso, prossimità di curve pericolose, attraversamenti pedonali, alta densità di traffico).

Ebbene, la risposta è ancora una volta no. Gli autovelox funzionano “bene” solo quando c’è poco traffico (perché se ci sono altre auto è impossibile stabilire chi ha commesso l’infrazione, e in caso di incertezza poi è facile vincere il ricorso presso un giudice di pace). È facile capire che, al contrario, l’alta velocità è più pericolosa nel traffico intenso rispetto a un rettilineo libero. Ed è qui che invece troviamo la maggiore concentrazione di dispositivi per il controllo.

Pensate all’autovelox al chilometro 19,400 della SS 131 (il più conosciuto e odiato dai pendolari verso Cagliari). Posizionato dal Comune di Monastir in modo da non “disturbare” i cittadini monastiresi (prima dell’uscita per Cagliari ma prima dell’entrata da Oristano) è in un tratto di rettilineo lontano dagli svincoli più pericolosi e trafficati (che si trovano qualche chilometro più a Sud).

Lo stesso discorso vale per i velox mobili che si trovano ogni giorno sulle nostre strade. Oppure quello di Las Plassas, caso eclatante della giustizia all’italiana, in prima battuta posizionato (giustamente) nel centro abitato, poi spostato per ordine del prefetto all’entrata da Barumini. Risultato? Multe raddoppiate e auto che una volta dentro il paese, sfrecciavano a velocità pericolose per i pedoni. Ho citato i due esempi più vicini a casa, ma in Italia i casi come questi sono centinaia.

Ed ecco la tesi, nemmeno tanto originale, ma così palese da non essere presa in considerazione: gli autovelox servono esclusivamente a fare cassa, posizionati nei punti in cui è più semplice e redditizio multare, piuttosto che laddove sarebbe più utile per salvaguardare la sicurezza stradale. Molto più facile, per lo Stato, multare centinaia di vetture che sfrecciano in un rettilineo relativamente sicuro, rispetto a punire seriamente chi si comporta in maniera incivile e scriteriata in mezzo al traffico o in zone “sensibili”.

E il pensiero non può che andare al tristemente famoso “incrocio della morte”, dove l’installazione di due semplici autovelox in entrambe le direzioni avrebbe potuto davvero salvare delle vite.

Incidente nell'incrocio della morte
Incidente nell’incrocio della morte

In attesa della rotonda, abbiamo ricevuto un avviso dell’intensificazione dei controlli della velocità mediante telelaser nei pressi dell’incrocio per Villacidro. Un provvedimento doveroso che arriva con trent’anni di ritardo.

L’autovelox, quindi, in alcuni casi potrebbe davvero essere un dispositivo salvavita. La realtà è però molto differente, in uno Stato in cui gli enti locali sono più interessati ai soldi in cassa che alla salute dei contribuenti.

Fonte: Simone Usai, Comprendo

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