Un edificio ormai completamente cambiato e trasformato si trova nell’angolo tra via Trento e piazza Marconi, ovvero il palazzo del Municipio: esso era anticamente la chiesa di San Sebastiano Martire, poi diventato Monte Granatico a partire dal XVIII secolo: ne fa menzione il Vescovo Mons. Severino Tomasi.
Questo edificio apparteneva al Banco di Sardegna, che poi lo cedette al Comune per l’area in cui si trovava il vecchio Mercato Civico: l’allora amministrazione comunale e il fondo bancario demolirono entrambi gli edifici per costruirne dei nuovi alla fine degli anni ’60 circa.
La chiesa di San Sebastiano era un luogo di culto posto al lato della piazza della chiesa di Santa Chiara Vergine, al centro della vita del villaggio: gli abitanti si rivolsero al Santo durante le grandi epidemie di peste del XVI e XVII secolo.
La prima attestazione sull’edificio è del 1576: i sangavinesi rendevano grazie al santo per una epidemia scampata, o per fare offerte proprio a protezione dalle grandi malattie di quei secoli, in quanto anticamente il suddetto Santo veniva invocato come protettore contro la Peste.
L’edificio era formato da una semplice stanza – a pianta rettangolare – con un portale che era aperto nell’atrio della grande facciata, sopra la quale svettava una piccola campana, rifatta nel 1745 da un certo Efis Mura (ed oggi conservata nel Museo Dona Maxima). La campana era posta sopra uno spesso cornicione bordato, e portava la scritta: “SEBASTIANAE LIBERA NOS A PESTE EXPENSIS ECCLESIE RECTORE D. IOANNE MARIA LOCHY ANNO 1756”, ed il tetto dell’edificio era a capriate lignee.
Non si sa molto di quali fossero gli arredi interni, ma da alcune foto dell’inizio del 1900
si può notare che ci fossero cinque finestre simmetriche poste nella facciata d’ingresso, tre nel lato superiore e due nel lato inferiore; nel XVIII secolo la chiesetta venne sconsacrata e usata come deposito del grano (e per questo durante la sua ristrutturazione venne costruito pure un solaio), come sede ufficiale del Monte Nummario.Una targa marmorea che si trovava sulla facciata documentava la storia dell’edificio; essa recitava: “ANNO DOMINI 1780. GIOVA QUI RICORDARE CHE I MONTI GRANATICI NELLA DIOCESI DI ALES FURONO ISTITUITI FIN DAL 1641 DA VESCOVO MICHELE BELTRAN; INCORAGGIATI DAI SUOI SUCCESSORI MONS. MANUNTA E MONS. CUGIA; E MODERATI CON UN SAGGIO REGOLAMENTO DA MONS. MASONES, NEL SINODO DEL 13 MAGGIO 1696; TITOLO 17”; purtroppo è andata dispersa. L’ultima attestazione della chiesa è del 1769.
Fonte: Alberto Serra
Per approfondire:
CASTI A, Santu ‘Engiu, arrogus de storia, 1997.
SANNA M, San Gavino – Sardara, due villaggi sentinella di frontiera, 1997.
GIACU G, Oltre l’incendio, 2003.