Il castello di Monreale è un sito importante dal punto di vista culturale, e si giunge da una delle ramificazioni della strada Carlo Felice: la strada più pratica quella di San Gavino, la quale consente di raggiungere il castello senza grosse difficoltà, posto a m. 281 s.l.m. Il borgo in prossimità del castello e la sua fortificazione sono situati ai lati opposti di una grossa muraglia diroccata, assieme a delle torri – sia a pianta quadrata che tonda – che sono in cattivo stato di conservazione; il borgo è facilmente individuabile non solo per il tracciato dei fabbricati, ma anche per il gran cumulo di detriti.
In vetta al colle sorge il castello vero e proprio, con le mura alte dieci metri: le mura esterne sono diverse dagli altri castelli di confine, perché le pietre sono regolate sul piede toscano, e non vi sono ne feritoie ne finestre. La fortificazione ha una circonferenza di m. 650 e il suo lato meridionale si trova verso San Gavino, ed è di m. 200 con quattro torri e una porta che viene denominata “de Santu Baingiu”, mentre quella verso Sardara ha una circonferenza di m. 260, vicino alla quale – pare – fossero poste la caserma e i magazzini. La larghezza delle mura va da m. 1,20 a 1,80 con un area di 24×24: verso la strada chiamata ruga manna si trova una cisterna per il contenimento delle acque, e nel borgo sottostante il colle è presente una chiesa intitolata a San Michele Arcangelo (Santu Miali), ora in cattivo stato.
All’interno del Mastio sono stati trovati dei lastricati e parte dei muri divisori delle stanze, facendo pensare che queste si affacciassero verso un cortile interno. Il complesso fortificato si estende su due rilievi del sistema collinare omonimo e sull’ampio compluvio fra questi compreso, ed è costituito da una cinta fortificata caratterizzata da otto torri, due porte e da un mastio quadrangolare, sito nella posizione più elevata del settore meridionale.
Benché la struttura sia legata alle vicende giudicali, non è possibile al momento avere certezze in merito alla sua fondazione: la prima attestazione di Monreale risale al 13 giugno 1309, documento in cui il re Giacomo II concede a Mariano e Andreotto – visconti di Bas e giudici di Arborea – e ai loro eredi di conservare il possesso di alcuni beni che essi tenevano in Sardegna, tra cui il castello, tenuto dal Comune di Pisa che lo amministrava per conto dei sovrani arborensi.
Il ruolo di Monreale è chiaro dalle prime fonti documentarie, che attestano della presenza di Teresa d’Estença, moglie dell’infante Alfonso d’Aragona, che vi avrebbe soggiornato per sfuggire alla malaria e alle attività belliche di fondovalle; in realtà il castello continuerà ad essere utilizzato come residenza dalla famiglia dei giudici d’Arborea, poiché le terme di Villa d’Abbas ne facevano un luogo adatto per il riposo. In seguito fra le sue mura vennero fatti giustiziare da Mariano IV due rei di essersi introdotti ad Oristano per uccidere alcuni prigionieri catalani, oltre ad essere usato anche come prigione.
L’impianto castrense offrì riparo ad una delle tre truppe arborensi sconfitte nel corso della battaglia di Sanluri e guidate dal visconte di Narbona. Scavi successivi hanno dato i seguenti dati: la planimetria del sito si estende per circa 720 mq ed ha al centro uno spazio rettangolare allungato verso est-ovest e destinato a ospitare i cortili scoperti; al di sotto dei due situati a quota più bassa si trovano due cisterne accessibili da tre imboccature circolari e un silos, mentre al lato dei cortili sono disposte due rampe di scale attraverso le quali era possibile raggiungere il piano superiore. Il mastio fu costruito mediante la tecnica dell’opus incertum, realizzato prevalentemente in scisto locale, raramente associato a qualche blocco granitico, basaltico e trachitico, mentre il legante è costituito da malta biancastra nei paramenti e da legante a base di calce o malta di fango nei riempimenti a sacco.
Per approfondire:
F.R. Stasolla, Per un’archeologia dei castelli in Sardegna: il castrum di Monreale (TEMPORIS SIGNA)
F. Carrada, Il castello di Monreale: bilancio di un decennio di studi e attività (ROCCAS)
Fonte: Alberto Serra, ex volontario Servizio Civile nazionale a San Gavino.