Oggi il testo approda in Consiglio dei ministri. Resta il nodo delle regole sulle città metropolitane.
Di abolizione ancora non si può parlare, perché per farlo deve essere approvato il ddl costituzionale che il governo ha già presentato ma che non ha ancora avviato il suo percorso in Parlamento. Ma il disegno di legge che entra stamattina alle otto e mezza in Consiglio dei ministri, «recante disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni», di fatto comincia a «svuotare» i poteri delle tanto discusse province, trasformandole in enti territoriali di secondo livello, con funzioni di pianificazione, e dando vita a nove città metropolitane più Roma.
In attesa che il provvedimento costituzionale – per il quale occorrono tempi di approvazione ben più lunghi – cancelli la parola province dalla nostra Costituzione, come promise il premier Enrico Letta presentandolo venti giorni fa. Dopo la bocciatura da parte della Corte Costituzionale del decreto di riordino varato dallo scorso governo (una riforma simile non si può fare per decreto, è stata l’obiezione della Consulta), l’esecutivo prova ad andare avanti. «L’abolizione delle province è nel programma di governo, e noi su quel programma abbiamo ricevuto la fiducia», spiega il ministro per gli Affari regionali, Graziano Delrio. E, visto che non c’è niente di peggio che «annunciare le cose e non farle», stamane porterà in Cdm la bozza di intervento, ancora in lavorazione ieri sera su alcuni dettagli, ma ormai a punto nelle sue grandi linee. Nel corso della riunione verrà anche udito il sindaco di Roma, Ignazio Marino.
Le province «non avranno nuovi confini, nessun accorpamento, e saranno gestite da una assemblea di sindaci, pianificando il territorio sulla parte urbanistica, ambiente e trasporti, mantenendo la sola gestione delle strade», spiegava ieri Delrio.
Nella bozza del testo si legge che, fino all’entrata in vigore della legge costituzionale che le abolirà, le province saranno appunto enti territoriali di secondo livello, formate da assemblee di sindaci, con funzioni dette di area vasta: pianificazione territoriale provinciale di coordinamento, pianificazione dei servizi di trasporto in ambito provinciale e gestione delle strade provinciali, programmazione della rete scolastica. Dal 1° gennaio 2014 vengono costituite sul territorio delle province di Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Bari, Firenze, Napoli e Reggio Calabria (oltre a Roma che però, in quanto capitale, è regolata da una disciplina speciale) le città metropolitane
: sindaco di questi enti è previsto che sia quello del comune capoluogo della provincia omonima. Ma su questo punto dei cambiamenti potrebbero esserci, visto che la disposizione non è un dettaglio dal punto di vista politico: «La provincia di Milano ha eletto un presidente di centrodestra e con una legge questo verdetto popolare verrebbe ribaltato, dando di fatto il governo della città metropolitana a una persona del centrosinistra che non è stata eletta per questo», lancia l’allarme il governatore della Regione Lombardia e leader della Lega, Roberto Maroni.Organi della città metropolitana saranno anche il Consiglio metropolitano, costituito dai sindaci dei comuni del territorio con oltre 15mila abitanti e dai presidenti delle Unioni di comuni della provincia con almeno 10mila cittadini, e la Conferenza metropolitana, e le funzioni saranno quelle delle province. Dal 1° luglio dell’anno prossimo, le città metropolitane subentreranno alle province: fino ad allora, sono comunque prorogati gli enti provinciali in carica, incluse le gestioni commissariali.
Fonte: La Stampa