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La disinformazione costa meno della cultura

Il motto diventato "cult" grazie alla serie TV "X-Files"
Il motto diventato “cult” grazie alla serie TV “X-Files”

Internet è ormai un mezzo di comunicazione di massa, per certi versi ancora giovane e in costante evoluzione (nonostante il World Wide Web sia fruibile da tutti dal 1991, solo negli ultimi anni abbiamo assistito all’esplosione sociologica del fenomeno). Croce e delizia di questo canale, è la diffusione di una quantità di notizie che non trovano spazio altrove, vuoi perché spesso si tratta di notizie “scomode”, vuoi perché molto più spesso si tratta di notizie parziali, incomplete, non verificate. E nessun giornale o televisione potrebbe pubblicarle e mantenere una parvenza di credibilità.

Su queste pagine abbiamo provato più volte a smontare le “bufale” più note che si rincorrono sul web: dalle eredità ai bonsai kittens, dalle stragi di cani alle mogli russe, dalle scie chimiche alle richieste di sangue per bambini in fin di vita. In alcuni casi, smontare queste false notizie è stato semplice, in altri casi non lo è stato affatto, in altri ancora è proprio impossibile.

Non perché la notizia sia vera, ma perché per dimostrare che non lo è richiede studi specifici e competenze scientifiche che esulano dalle mie conoscenze. Un esempio famoso è quello del motore di Schietti, geniale scienziato che, secondo alcuni, avrebbe inventato oltre 40 differenti motori per avere energia infinita e pulita: le sue invenzioni ci verrebbero nascoste dalle lobby dei produttori di combustibili fossili.

In realtà non è così, e il fatto che cercando su Google si trovi di tutto sulle sue invenzioni, è una prova che le lobby non sono molto preoccupate da lui. Ma per dimostrare scientificamente che Schietti non ha ragione, dovrei avere competenze nel campo della termodinamica e della fisica che probabilmente ha solo un laureato in ingegneria. Così come per dimostrare inoppugnabilmente che nell’Area 51 non c’è alcun extraterrestre, dovrei avere il pass per entrare e filmare tutto quello che c’è all’interno. E sono sicuro che non basterebbe, perché c’è chi “vuole credere” al di là di ogni logica e dimostrazione.

È facile rendersi conto, quindi, che fare informazione costa molto più che fare disinformazione: in termini di formazione delle persone, in termini di tempo per studiare il caso, e in termini di risorse per dimostrare che una formula fisica o una teoria è completamente inventata. Per capirci, facciamo un esempio pratico: ognuno di noi potrebbe scrivere un articolo sensazionalista pseudo-scientifico in cui si sostiene che mescolando il DNA dei gatti e quello delle aquile, si può ottenere una nuova razza felina, dotata di ali. Per inventare una panzana di questo occorrono due minuti, con un po’ di copia incolla di paroloni difficili e termini medici che si conoscono a malapena, il tutto infarcito di toni sensazionalisti e affermando che la notizia non trapela perché rivoluzionerebbe tutte le concezioni scientifiche moderne.

Per dimostrare che una cosa del genere è tecnicamente impossibile, servirebbe la competenza di una persona esperta di genetica e di biologia (e chissà cos’altro), che ha impegnato anni e anni di studi per accumulare le sue competenze. Fortunatamente in alcuni casi, internet ci aiuta a distinguere tra “notizia straordinaria” e “bufala”, cito su tutti il sito di Paolo Attivissimo, che da anni si occupa di scovare e smentire tutte le leggende metropolitane del web. In altri casi invece è più difficile, perché anche di fronte alla totale mancanza di prove, chi si convince di una certa “teoria del complotto” diventa impermeabile alle spiegazioni scientifiche. Del resto, non è un caso che il motto di chi si occupa di ufologia e di alieni, sia diventato “I want to believe”, ossia “Io voglio credere”. Di fronte alla voglia di credere ciecamente in qualcosa, anche la scienza, probabilmente, può poco e nulla.

Fonte: Simone Usai, Comprendo

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