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[L’avvocato risponde] Danno esistenziale

Prosegue la nostra rubrica L’avvocato risponde sulle nostre pagine. Vi ricordiamo che potete scrivere alla nostra redazione mandando una e-mail all’indirizzo redazione@sangavinomonreale.net per porre le vostre domande al nostro avvocato.

Ecco l’ultima domanda rivolta al nostro avvocato.

Avvocato, in quali casi si ha diritto alla liquidazione del danno esistenziale?

L’Avvocato risponde

Spesso si sente parlare di risarcimento e liquidazione del cosiddetto “danno esistenziale”, magari accostato alle più disparate situazioni concrete. In questa breve disamina, senza alcuna pretesa di esaustività, cercheremo di fare il punto sull’ argomento.

La Cassazione fa il punto sul danno esistenziale, la sua configurabilità, e la relativa liquidazione.

Cassazione civile, sez. III, sentenza 20.11.2012 n° 20292.

“Ai fini della configurabilità e del risarcimento del danno non patrimoniale è opportuno identificare preliminarmente l’indispensabile situazione soggettiva protetta a livello costituzionale (il rapporto familiare e parentale, l’onore, la reputazione, la libertà religiosa, il diritto di autodeterminazione al trattamento sanitario, quello all’ambiente, il diritto di libera espressione del proprio pensiero, il diritto di difesa, il diritto di associazione e di libertà religiosa ecc.). Tale attività interpretativa rende possibile successivamente una rigorosa analisi ed una rigorosa valutazione tanto dell’aspetto interiore del danno (la sofferenza morale) quanto del suo impatto modificativo in pejus con la vita quotidiana (il danno esistenziale)”.

La  Corte di Cassazione con questa sentenza, confermando quella della Corte di Appello di Potenza  ha chiarito il quadro in merito alla configurabilità e alla  liquidazione del danno esistenziale.

In primis viene esaminata la rilevanza giuridica di singole voci di danno, come il danno arrecato alla serenità familiare, quello relativo alla vita di relazione o quello edonistico. Le stesse, a seguito di recenti interventi della Suprema Corte,  (sentenze nn. 26972 e ss. dell’11 settembre del 2008) sono state tutte ricondotte nell’ambito di quelle uniche componenti di danno non patrimoniale che sono date dal danno esistenziale e dal danno morale soggettivo.

Vengono, inoltre, forniti lumi circa la concreta configurabilità del danno biologico inteso nella sua duplice accezione di danno biologico iure haereditatis (cioè direttamente riconducibile alla persona del defunto) non comprensivo del c.d. “danno tanatologico” (o da morte) qualora la morte coincida sostanzialmente (come nel caso di specie) con il momento del sinistro e del danno biologico iure proprio che consiste in una “lesione medicalmente accertabile” della salute fisio-psichica del danneggiato, non dimostrata nel caso in questione.

La Suprema Corte facendo leva su una sua precedente decisione (n. 8827/2003) evidenzia come nell’ottica della concezione unitaria della persona, la valutazione equitativa di tutti i danni non patrimoniali possa anche essere unica, senza una distinzione  tra quanto va riconosciuto a titolo di danno morale soggettivo e quanto a titolo di ristoro dei pregiudizi ulteriori e diversi dalla mera sofferenza psichica, ovvero quanto deve essere liquidato a titolo di risarcimento del danno biologico in senso stretto (se una lesione dell’integrità psico-fisica venga riscontrata). Di conseguenza, quindi,  si può sostenere “che la liquidazione del danno biologico, di quello morale soggettivo e degli ulteriori pregiudizi risarcibili sia espressa da un’unica somma di denaro, per la cui determinazione si sia tuttavia tenuto conto di tutte le proiezioni dannose del fatto lesivo”.

La stessa Corte di Cassazione già precedentemente (Cass., 31 maggio 2003, nn. 8827 e n. 8828), aveva affrontato le complesse tematiche inerenti alla tutela risarcitoria del danno alla persona, fornendo un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 2059 cod. civ., volta a ricomprendere nella previsione della norma ogni danno di natura non patrimoniale derivante da lesione di valori, inerenti alla persona: e dunque sia il danno morale soggettivo, inteso come transeunte turbamento dello stato d’animo della vittima; sia il danno biologico in senso stretto, inteso come lesione dell’interesse, costituzionalmente garantito, all’integrità psicofisica della persona, conseguente ad un accertamento medico; sia  il danno (spesso definito in dottrina ed in giurisprudenza come esistenziale) derivante dalla lesione di  interessi di rango costituzionale inerenti alla persona.

Quindi, lo stesso danno esistenziale è basato sulla natura non meramente emotiva ed ulteriore (propria invece del danno morale), ma oggettivamente accertabile del pregiudizio, attraverso la prova di scelte di vita diverse da quelle che si sarebbero adottate se non si fosse verificato l’evento dannoso. Di conseguenza mentre il risarcimento del danno biologico è ancorato all’esistenza di una lesione dell’integrità psico-fisica medicalmente accertabile, il danno esistenziale va dimostrato in giudizio con tutti i mezzi consentiti dall’ordinamento.

Sino a tutto l’anno 2006, quindi, l’orientamento giurisprudenziale era già indirizzato nel senso della netta separazione del danno biologico, del danno morale e del danno derivante dalla lesione di altri interessi costituzionalmente protetti.

Successivamente, con ulteriori interventi giurisprudenziali della Suprema Corte (v. le sentenze del 2008) e nonchè a seguito della emanazione dell D.P.R. n. 37 del 2009 e del D.P.R. n. 191 del 2009, viene distinto tra la “voce” di danno c.d. biologico da un lato, e la “voce” di danno morale dall’altro. Inoltre a parere della S.C. non esistono dubbi anche sull’autonomia del c.d. danno dinamico-relazionale inteso come danno parentale.

La Suprema Corte emanando questa sentenza , orienta ad una corretta lettura interpretativa delle Pronunce del 2008 che dopo aver individuato l’indispensabile situazione soggettiva protetta a livello costituzionale (il rapporto familiare e parentale, l’onore, la reputazione, la libertà religiosa, il diritto di autodeterminazione al trattamento sanitario, quello all’ambiente, il diritto di libera espressione del proprio pensiero, il diritto di difesa, il diritto di associazione e di libertà religiosa ecc.), guidano poi il Giudice di merito ad una puntuale analisi ed una conseguentemente precisa valutazione e dell’aspetto interiore del danno (la sofferenza morale) e del suo impatto modificativo in pejus con la vita quotidiana (il danno esistenziale).

Di conseguenza la stessa mancanza del “danno” (conseguenza dannosa) biologico, non esclude, in astratto, la configurabilità di un danno morale soggettivo (da sofferenza interiore) e di un possibile danno “dinamico-relazionale”, sia pur circoscritto nel tempo.

Quindi, con questa Sentenza e con il descritto iter Giurisprudenziale, la Suprema Corte ha inteso dare le “ coordinate” per ciò che concerne la complessa e rilevante materia delle voci di danno come sopra descritte, in una materia tanto importante ( per i vasti settori che interessa)  per la totalità dei cittadini quanto complessa nonché in continuo e rapido mutamento.

Fabio Marrocu

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