Site icon San Gavino Monreale . Net

Referendum anti-casta, oggi la parola agli elettori

Seggi aperti dalle 7 alle 22. I promotori puntano al 33%: 493.455 voti. Guerra sulle Province, test politico per Cappellacci.

Referendum anti-casta, oggi la parola agli elettori

Oggi, mentre nel resto d’Italia si vota per i Comuni, in Sardegna è la giornata dei dieci referendum «anti casta». Un appuntamento che arriva nella fase più acuta della crisi dei partiti e che ha diversi significati politici. Intanto misurerà l’umore dei cittadini nei confronti del Palazzo e inoltre sarà un test sul presidente della Regione, Ugo Cappellacci, che col passare delle settimane è diventato sempre di più il vero sponsor del movimento referendario.

Seggi e quorum. Si vota dalle 7 alle 22. Lo spoglio avverrà lunedì e in giornata ci sarà la proclamazione dei risultati. I sardi chiamati alle urne sono un milione 480.366. Perché i referendum siano validi devono superare, ciascuno, il 33 per cento dei votanti: il quorum è fissato a 493.455 elettori.

Province in bilico. L’attenzione maggiore si è concentrata sui cinque quesiti che riguardano le Province: quattro sono abrogativi e puntano a cancellare Olbia-Tempio, Ogliastra, Medio Campidano e Carbonia-Iglesias, il quinto è consultivo sulla proposta di abolire anche gli enti intermedi storici di Cagliari, Sassari, Nuoro e Oristano (su questi la competenza è statale).

Le Province sono nel mirino da tempo e non solo nell’isola. Il governo Monti le ha trasformate in enti elettivi di secondo grado (elezioni affidate ai consigli comunali) abolendo le giunte. Riforma in stand by. Il consiglio regionale ha all’ordine del giorno la riforma delle Province. Il dibattito è stato sospeso in attesa del voto: il pronunciamento dei sardi sarà decisivo. Se oggi dovessero vincere i Sì all’abolizione, la Regione dovrebbe rivedere l’intero sistema amministrativo scegliendo direttamente la strada delle Unioni dei Comuni per il coordinamento territoriale. Se invece non dovesse essere raggiunto il quorum, i sostenitori delle otto Province riprenderebbero fiato.

La crisi del 2010. Due anni fa le elezioni provinciali hanno fatto registrare il record negativo di affluenza alle urne anche nei nuovi enti intermedi nati col voto del 2005. E’ da quel dato che i referendari devono aver preso spunto per organizzare prima la raccolta delle firme e quindi l’appuntamento di oggi. Non c’è dubbio, infatti, che anche a causa del mancato riordino dell’intero sistema amministrativo, le Province abbiano perso smalto agli occhi dei cittadini rispetto al protagonismo dei sindaci (dotati di sempre maggiori poteri anche se non di risorse finanziarie) e del crescente strapotere di una Regione sempre più accentratrice. Il precedente del 2003. Nove anni fa, sempre di maggio, i sardi erano stati chiamati alle urne per pronunciarsi sull’istituzione delle nuove Province ancora non elettoralmente non nate. Ma il movimento referendario capeggiato dall’imprenditore Gianni Onorato si fermò a un modesto 15,77 per cento di affluenza alle urne. Non era stato sostenuto neanche da un partito, ancora tutti favorevoli, senza eccezione, all’isola divisa in otto.

Gli altri quesiti. La politica romana, distratta dai temi generali e dalle elezioni comunali, non ha usato la Sardegna come test nazionale sull’umore degli elettori nei confronti dei costi della politica. I referendum sono di grande interesse: il taglio dei consiglieri regionali da 80 a 50 (la riforma punta a 60), l’abolizione delle indennità ai politici, l’eliminazione dei cda di enti e agenzie regionali, l’istituzione di un’assemblea costituente per riformare lo statuto di autonomia, l’obbligo delle primarie per la scelta dei candidati alla presidenza della Regione. Insomma, tutti temi di strettissima attualità politica.

Test per Cappellacci. Cavalcando i referendum in maniera determinata per rilanciarsi, il governatore è diventato il protagonista del fronte del Sì, più ancora dei Riformatori, che si sono dovuti mischiare al trasversale movimento promotore. Se scatterà il quorum, il successo sarà di Cappellacci. Ma in caso di sconfitta pagherà il prezzo maggiore. Ed è anche per questo che i partiti di opposizione e pure il suo Pdl hanno preferito non impegnarsi.

La via giudiziaria. Se dovessero vincere i Sì, l’Unione Province sarde, che considera illegittimi i referendum, riprenderà la battaglia chiedendo al tribunale di Cagliari di pronunciarsi nel merito del ricorso (sinora è stata bocciata solo la richiesta di sospendere il voto. C’è, in questo, l’obiettivo politico di Roberto Deriu, presidente nuorese dell’Ups: ha difeso le Province più di tutti e quindi sarebbe lui il vincitore se non dovesse scattare il quorum.

Verifica sul web. Su Facebook e Twitter i sostenitori del Sì hanno scatenato una battaglia molto intensa, come mai si era visto per un appuntamento politico sardo. La mobilitazione contribuirà al raggiungimento del quorum? È quindi un test anche per le nuove forme di partecipazione politica.

Fonte: La Nuova Sardegna

Exit mobile version