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sabato, 21 Dicembre 2024

Arborea, grana nel caseificio

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Richiesta ufficiale ai manager che hanno acquisito le Fattorie Girau. I sindacati: l’azienda riassuma i 23 operai in mobilità.
Ieri prima giornata di lavoro a San Gavino per i dirigenti della cooperativa 3A di Arborea, alle prese con l’esordio nel settore ovino.

Arborea, grana nel caseificio
Arborea, grana nel caseificio

SAN GAVINO Ore 7,30: la nebbia avvolge la periferia di San Gavino mentre i primi camion-frigoriferi arrivano nel caseificio delle Fattorie Girau. Ma stavolta il latte di pecora non entra direttamente nelle cisterne: c’è bisogno di un ulteriore controllo di qualità. Lo vogliono i nuovi proprietari dello stabilimento, l’Arborea. Perché ieri era il primo giorno di lavoro dopo la firma del contratto di affitto triennale della società e i manager di Arborea volevano vedere tutto, capire, imparare, per migliorare se sarà necessario la produzione di pecorino, novità assoluta per la cooperativa oristanese.

ALL’ALBA A seguire le operazioni il direttore generale, Francesco Casula, e il direttore dello stabilimento, Massimo Fermiani, in persona. Per scoprire «i tanti pregi del caseificio di San Gavino», leggere i libri contabili, scovare qualche piccola magagna degli impianti, e non solo. I sindacati chiedono la riassunzione del 23 lavoratori in mobilità da due anni. Posizione legittima, soprattutto all’indomani dello sbarco a San Gavino di una cooperativa con 286 soci, 202 dipendenti, 135 milioni di fatturato all’anno, famosa per i suoi prodotti di qualità e per la sicurezza economica garantita a tutti i componenti la grande famiglia del latte Arborea.LA CRISI Invece a San Gavino gli ultimi anni sono stati tribolati. Se sino a qualche tempo fa le Fattorie Girau, guidate dalla famiglia Perisi di Domusnovas, assumevano personale, investivano nei macchinari e nei progetti puntando anche sulla lavorazione del latte di capra, vendevano con successo all’Estero, nel Nord Italia e alla grande distribuzione pecorino romano e un semi stagionato ormai famoso come il Monreale, dal 2009 è arrivata la crisi. E di conseguenza i tagli, la tensione con i sindacati, gli accordi per la cassa integrazione, poi il passaggio in mobilità, qualche pre-pensionamento, soprattutto l’affidamento a cooperative di servizi di una parte del lavoro prima seguito dai dipendenti.

LA CESSIONE «Probabilmente tutto era indirizzato all’alleggerimento dei conti societari – commenta Gabriele Virdis, segretario Flai Cgil del Medio Campidano – in previsione della vendita del caseificio». A far gola professionalità e marchi, anche fuori dalla Sardegna: alle Fattorie Girau erano interessati la Coop e la Esselunga, invece l’ha spuntata l’Arborea. Affitto dell’azienda per tre anni con diritto di riscatto, cioè di acquisto, un po’ come vorrebbe fare il Milan con l’attaccante argentino Tevez. Negli accordi anche l’assorbimento, attraverso la società Nuova Fattorie Girau appena costituita, dei 15 dipendenti superstiti, un amministrativo, 14 a San Gavino e uno a Parma che si occupa della logistica nella Penisola. Tra questi lavoratori anche gli ex titolari, prima “padroni”, adesso, anzi, da ieri, dipendenti.

IL PROGETTO «Per noi – spiega Francesco Casula, direttore generale dell’Arborea – si tratta di un progetto a medio termine. Non siamo venuti per portare via prodotto e marchio, vogliamo investire nel caseificio, negli allevatori che portano tutti i giorni il latte di pecora e di capra a San Gavino e che da oggi avranno una sicurezza in più, l’affidabilità della nostra cooperativa che da 56 anni garantisce utili ai soci».Per l’Arborea, il latte e il formaggio di pecora sono una scommessa quasi inedita: «Per alcune lavorazioni come il nostro “tre fiori” utilizziamo pecorino affidandoci a fornitori esterni. D’ora in poi, non appena San Gavino entrerà a regime, faremo noi direttamente», prosegue Casula, che è persona troppo seria per lanciarsi in facili promesse: «Non posso dire oggi che riassumeremo tutti i lavoratori in mobilità. Posso soltanto assicurare che siamo intenzionati a lavorare per il presente e il futuro del caseificio e che tra lavoratori diretti e indotto la situazione non potrà che migliorare». (p.c.)

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